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Il tasso e la beccaccia che gli salvò la vita

Scritto da Stefano Fusi. Postato in Notizie

Il tasso e la beccaccia che gli salvò la vita

Un rifugio di biodiversità a due passi dall’aeroporto di Linate: la Levadina è una nuova oasi verde che dà ossigeno e protegge la metropoli dalle esondazioni del Lambro. Boschi umidi, prati e tanti animali selvatici che sono segno di salute. Un fiume da salvare e una terra che potrebbe ritornare salubre e sicura per gli abitanti umani, animali e vegetali in una delle zone più cementificate e trafficate d’Europa.

<<Sono passato camminando di notte lungo il fiume. Cercavo un posto dove fermarmi. Sopra c’erano rumori forti, a tratti fortissimi, come se il cielo stesse cadendo giù. Correvano quelle cose dove stanno animali seduti, con luci di notte. So che possono schiacciarci sul pavimento duro. E si vedevano anche luci nel cielo, che non avevo mai visto da nessuna parte. Avevo paura e allora stavo fermo e nascosto. Poi ho trovato un posto dove il terreno era morbido, c’erano molti vermi e insetti. Ho mangiato, ho scavato la tana e mi sono addormentato. Ho dormito tutto il giorno, ero proprio stanco. Quando mi sono svegliato c’era ancora un poco di luce, ho aspettato a muovermi, poi sono uscito a scavare ancora un buchetto per farci i miei bisogni. Ho cominciato a esplorare e annusare. Tutta la notte ho mangiato, ho scavato ancora un po’ la tana per allargarla e sono tornato a dormire. Faceva freddo e stavo molto nella tana, ma non dormivo sempre. È andata avanti così per qualche mese. Ero solo. Poi è arrivata lei, ora siamo in due. Forse fra un po’ saremo in tanti. Ci sono altri animali qui ma nessuno mi dà fastidio. Di notte ci sono quelli che volano. Gli animali grossi a due zampe arrivano solo di giorno e non mi vedono, credo. Ho sempre un po’ paura quando il cielo fa un rumore terribile e sembra cadere giù, ma non è ancora successo, mi sto abituando. Ci sono tanti alberi, forse sono loro a tenere su il cielo: non avevo mai sentito dei rumori così forti. Forse è per questi rumori che gli animali grandi a due zampe non vengono mai qui, e neanche quelli a quattro zampe che vivono con loro. C’è anche acqua da bere. Una volta l’acqua ha riempito tutto il prato e allagato gli alberi, ma poi se ne è andata. Qui stiamo bene.>>

A parlare è il tasso. È diventato lui il personaggio principale della storia dell’Oasi Levadina, una riserva naturale protetta a due passi dall’aeroporto di Linate che esiste da una decina d’anni. Il tasso è un mammifero selvatico, un mustelide parente di lontra, puzzola, furetto e faina, che arriva a essere lungo anche un metro e a pesare anche 15 chili. È molto difficile vederlo,  perché gira solo di notte e sta nascosto a lungo sotto terra. In città non c’è perché ha bisogno di vasti boschi, in tutta la zona del Parco Sud di Milano non era ancora mai stato visto. I naturalisti che fanno il censimento degli animali con le fototrappole sono proprio felici di questo avvistamento eccezionale. L’animale è stato eletto a mascotte dell’oasi insieme a un uccello altrettanto raro, di cui parlo più avanti.

 Il tasso nell'immagine dalla fototrappola

Un panda nostrano

Un tasso è stato “fototrappolato” nel 2020 dopo qualche mese di appostamenti virtuali; ora sono due, una coppia che potrebbe riprodursi già questa primavera: dai capezzoli si è certi che una è una femmina. Del resto il tasso è quasi sempre solitario e sta insieme solo per accoppiarsi. Sembra un panda in miniatura anche per la mascherina bianca e nera che ha sul muso; ha gli stessi colori sul mantello. Ha l’aspetto dolce di un orsacchiotto simpatico, ma i naturalisti precisano che il tasso <<è un po’ più cattivello>>. Non è pericoloso, è pacifico, tanto che divide la tana con altri animali; ma sa anche difendersi e aggredire. Ha unghioni con cui scava e si difende e denti forti, e soprattutto è predatore-raccoglitore e non un mite vegetariano come il simbolo del WWF. Mangia soprattutto lombrichi, insetti, lumache e anche mais: è un onnivoro, come l’orso appunto, e non disegna carogne di animali, topolini e lucertole, ghiande e frutta. Ci vede poco perché sta spesso al buio ma ha un olfatto molto fine. Corre veloce, si arrampica sugli alberi e all’occorrenza nuota: un piccolo atleta tuttofare. Se infastidito può anche reagire, mettendo in difficoltà anche i cani: un tempo era cacciato e anche mangiato (raramente), oggi è protetto. Non è in estinzione come il panda, ma è comunque un animale raro, arrivato chissà come a cinque chilometri da piazza Duomo. O meglio, si sa da dove può essere arrivato, ma deve essere stato proprio un esemplare fortunato, circospetto e ardito ad attraversare tutto il groviglio di stradoni e tangenziali che avviluppa il Sud-Est della metropoli, senza finire stecchito ai bordi delle strade. Uno dei due naturalisti che fanno il censimento degli animali all’oasi ne trova diversi uccisi lungo le strade, passando per le campagne vicine. Quasi sicuramente questo è arrivato passando sotto allo stradone della Paullese: c’è un ponte sotto il quale passa il Lambro e le rive sono rimaste naturali. Al di là dello stradone ci sono altre anse del Lambro, oggi parco comunale che dovrebbe anch’esso venire rinaturalizzato e ospita altri animali, cigni e anatre, conigli e minilepri. Nell’oasi sono arrivati per certo anche i caprioli, altra presenza che nell’area a Sud di Milano sta aumentando: è stato sentito il suo abbaio, che assomiglia a quello di un cane al punto da mettere in allarme i volontari dell’oasi; si sono trovati sia le feci sia i segni degli scortecciamenti che il capriolo maschio fa con i palchi (le corna) sui tronchi degli alberi. È arrivata la volpe, anzi due di cui una però è morta di stenti e vecchiaia, e sono arrivati tanti uccelli di ogni specie, oltre che rane e altri abitanti dei laghetti e delle zone paludose. C’è lo scoiattolo rosso, fra le poche colonie non soppiantate dall’alloctono scoiattolo grigio, uno yankee arrivato dall’America che sta rapidamente prendendo il sopravvento ovunque sugli scoiattoli indigeni. Qui ci sono noci e noccioli, che lo scoiattolo nostrano predilige.

Insomma quest’oasi è un rifugio eccezionale per tutti questi raminghi, capitati nella Pianura Padana al bordo della metropoli e apparentemente decisi a restarci. È un rifugio garantito dal bosco umido, uno degli ultimi sostanziosi di tutta la zona, dai prati e dei terreni morbidi e fertili e dai laghetti e stagni. Per questo è arrivato il tasso: ha bisogno di molto spazio e di terreno facile da scavare per la tana e per le “latrine”, i suoi gabinetti auto costruiti dove educatamente va a fare ciò che deve. Il fatto che sia arrivato e vi abbia fatto la tana fa ben sperare: le sue tane vengono tramandate alla discendenza e sono molto elaborate, con corridoi, magazzini per il cibo e stanze per dormire. Se l’ha fatta, intende restarci. Salvo sfratti.

Il bosco davanti all’aeroporto

La sorprendente tana del tasso è in un territorio amministrato dal Comune di San Donato Milanese, ai bordi della Paullese che corre verso Sud-Est uscendo dalla Tangenziale. Ci sono passato tante volte per andare nel verde di Metanopoli o all’Idroscalo, che appena più a Nord è una delle aree verdi più vicine e gettonate per chi vive da queste parti. Ma l’Idroscalo è anche un formidabile attrattore di traffico, come i centri commerciali, l’aeroporto e gli abbondanti capannoni, aziende e costruzioni varie che l’attorniano. Come per l’Oasi Smeraldino di Rozzano di cui abbiamo già parlato (>>qui), quest’altra oasi nata di recente ai bordi della tangenziale è il risultato di una somma di fattori quasi identici: un terreno abbandonato di cava, la natura che riprende vigore, la passione, la sensibilità e l’opera indefessa e lungimirante di un gruppo di naturalisti e ambientalisti che la salva, la pulisce dai rifiuti accumulati, lavora contro e/o con le istituzioni, coinvolgendo i cittadini. E riesce infine a salvare un angolo di natura altrimenti preda di speculazione edilizia e di degrado. Sempre minacciato da progetti di “espansione” urbana comunque: qui siamo troppo vicini alla metropoli per non sentire il peso rombante della Grande Macchina di cui sembriamo ormai, noi umani, solo appendici e protesi. Qui, poi, questo fardello incombe al massimo grado: il grande rumore che sente il tasso è quello degli aerei che proprio appena sopra l’oasi sfiorano quasi il suolo per atterrare duecento metri più in là, sulle piste. La prossima volta che prenderemo l’aereo, se mai si potrà in questi tempi di lockdown, tornando a Milano potremo immaginare quelle creaturine nascoste nel ciuffo di alberi.

Il terreno dell’attuale oasi era agricolo, divenne poi proprietà dell’ENI che vi scavava per ricavarne i materiali per costruire la vicina Metanopoli e poi lo usò per scaricarci rifiuti inerti, riempiendo alcuni laghetti. Quando venne dismesso, fu meta di discaricanti abusivi di rifiuti e cacciatori. Cominciarono ad adocchiarlo i naturalisti; si erano formati prati nei laghetti interrati, gli alberi erano cresciuti indisturbati, a fianco erano nati orti del comune di San Donato, arrivavano uccelli e altri animali. Finalmente nel 2000 la proprietà lo cedette al comune e si cominciò a progettarne la rinaturalizzazione. Contribuirono la Provincia con il progetto Metrobosco (finito però in nulla con la cancellazione delle province) e furono piantati migliaia di alberi grazie anche ad aziende private; la LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli e il WWF collaborarono e intervenne anche la Fondazione Cariplo. L’oasi venne recintata e ripulita da montagne di rifiuti, coi volontari che si imbragavano per scendere lungo le scarpate dei laghetti neanche fossero in montagna. La LIPU realizzò due nuovi stagni per richiamare gli uccelli e che servono anche a verificare la presenza di anfibi e invertebrati. Dal 2010 è un’oasi del WWF, che vi opera con pochi fondi ma molto impegno. Ora i volontari-naturalisti stanno facendo il censimento degli animali con rilevamenti e fototrappole, un progetto autofinanziato ma che si spera trovi sostegno dalle Università e che sta dando risultati davvero importanti. Gli uccelli selvatici avvistati sono molti anche perché è stato affiancato un trespolo a una fototrappola; sul trespolo gli uccelli si posano facilmente e vengono immortalati da vicino. Rapaci diurni come sparviere, poiana e falco pecchiaiolo, raro perché sverna in Africa, poche volte  avvistato nel Sud Milano; notturni come civetta, gufo e barbagianni, quest’ultimo il più raro perché ha bisogno di ruderi dove fare il nido. Si vedono facilmente aironi, anatre, limicoli (quelli che mangiano gli animaletti delle paludi) come il raro piro-piro, i picchi, uccelli di passo come gli eleganti cavalieri d’Italia. È uno dei punti dove si i cigni fermano nei corso dei loro spostamenti lungo il Lambro, sono stati visti anche i cigni neri. Purtroppo le fototrappole hanno “beccato” anche un cacciatore, entrato di straforo da uno dei punti dove la recinzione è stata divelta. Non c’è mai tregua per gli animali selvatici.

La beccaccia e gli altri uccelli del bosco

Ma il vero uccello simbolo dell’oasi è la “regina dei boschi”, la beccaccia. Come il tasso, è ormai rara, vittima di caccia secolare ovunque e in particolare in Lombardia, terra di sparatori. Quelle avvistate si contano sulla punta delle dita di una mano sola. È arrivata qui perché ha trovato l’ambiente ideale, un mix di vecchi boschi e prati, vietato alla caccia. Arrivando nell’oasi Levadina la beccaccia ci ha salvati anche da un’ulteriore distruzione di ossigeno: l’aeroporto intendeva abbattere un intero bosco dell’oasi per favorire gli atterraggi. Ma il “progetto” è stato ridotto al minimo grazie ai  naturalisti con l’aiuto dell’ERSAF, l’ente Regionale per i Servizi all’agricoltura e alle Foreste che cura i Contratti di fiume, con i quali si intende rinaturalizzare anche qui nel Lambro, il più importante fiume che attraversa la metropoli fra mille difficoltà. Questo proprio per tutelare la presenza della beccaccia e anche dei picchi verde e rosso. La regale beccaccia ha fatto da scudo, insomma, e dobbiamo esserle grati, pazienza se gli aerei dovranno procedere un centinaio di metri più in avanti.

La beccaccia ripresa dalla fototrappola 

È uno dei pochi esempi di come si sia compresa l’importanza di tutelare il verde e la vita selvatica. A beneficio di tutti. Del resto anche la beccaccia è uno di quegli alleati silenziosi che ci protegge divorando vermi e larve di insetti. Svolge egregiamente il suo lavoro di spazzina e disinfestatrice grazie alla sua mimetica livrea che la confonde con gli arbusti del bosco (chiazze marrone, nero, bianco giallastro). E fa da indicatore ecologico: la beccaccia fa il nido per terra e fruga col becco in terra, negli alberi e nei tronchi e rami caduti, ciò segnala che il bosco è in salute.

Lieto fine?

Oggi l’oasi è una bella realtà, ancora poco conosciuta ma molto significativa. Ospita oltre 130 specie diverse di piante, di cui alcune rare; di queste trenta specie diverse di alberi. Un piccolo tesoro di biodiversità, ingentilito da farfalle e uccellini. Un polmoncino che ossigena e pulisce, filtra e accoglie l’acqua in eccesso. Piccola, solo 12 ettari, è però molto varia: ci sono boschi igrofili (umidi) lungo l’argine del fiume, stagni e laghetti e un fontanile ripristinato, prati e arbusteti. Tutto ciò a volte si allaga per le piene del Lambro, cosa che risparmia allagamenti altrove in zone dove le costruzioni sono troppo ravvicinate alle sponde. È una sorta di museo vivente, testimonianza di come era (e potrebbe essere) l’ambiente locale dove le attività umane non lo stravolgono in eccesso; è  un punto eccezionale per gli studi scientifici, di cui abbiamo un grande bisogno per conoscere e proteggere la natura italiana.

Il suo nome leggiadro viene da una sorgente naturale. L’oasi si può visitare almeno otto volte l’anno e vi si svolgono visite speciali anche di notte, in primavera, per scoprire i rapaci notturni e per vedere le lucciole. Le guidano i volontari del WWF, che invitano anche a collaborare per la manutenzione naturalistica e la sorveglianza.

È il fulcro di un’area più vasta di interesse naturalistico lungo tutto il tratto metropolitano del Lambro, incuneata fra l’aeroporto, l’abitato di Metanopoli e l’area industriale di Peschiera Borromeo; di fianco al Lambro c’è anche uno dei tre depuratori principali delle acque della metropoli: gli altri sono alla Vettabbia e a Ronchetto delle rane, vicino a Rozzano. Da tempo si sta studiando il modo di rinaturalizzare il fiume e salvare le preziose aree verdi lungo le rive che restano fra qui e Melegnano, ai cui bordi settentrionali c’è un altro bell’angolo di verde di cui parlerò in un prossimo articolo. Verso nord, da qui si cerca di ricostruire il corridoio ecologico verso l’ansa del Lambro a Ponte Lambro e Monluè (ne ho già parlato in questo articolo>>).

Tutto bene allora? È stata ormai compresa l’importanza di questo gioiellino che potrebbe fare da volano per restituirci un fiume sano? Non del tutto. Ci sono ancora minacce, come dovunque nei pochi spazi verdi in periferia e attorno a Milano. Qui i rischi sono un sovrappasso sopra l’oasi per l’ampliamento della Paullese, con perdita di un pezzo di bosco, e addirittura una linea tramviaria che l’attraversi tutta! Sembra che gli esili messaggi degli animaletti salvaoasi siano ancora poco chiari a chi di dovere: <<andate più lentamente, sporcate meno, non abbattete le fonti di vita, mettete radici dove siete, non affollatevi troppo, lasciate spazio anche alle specie diverse da voi!>>.  Per l’importanza naturale della zona, però, si sono mossi oltre ai cittadini perfino deputati al Parlamento europeo. Per ora il ribaldo progetto è fermo.

Speriamo che l’oasi, dopo la beccaccia e il tasso, diventi la casa stabile di un’altra specie che al di là dell’abbondanza di individui è ancora più a rischio di estinzione, l’Homo Sapiens. E che l’altra sottospecie umana, l’Homo Destruens, si dia una calmata.  

Oasi Levadina

Ingresso Via Fiume Lambro, San Donato Milanese

Come ci si arriva

In auto: tangenziale Est Milano, uscita Paullese

Apertura

Solo visite guidate.

A chi rivolgersi per visite guidate

WWF Sud Milano-Martesana, 333 9584890, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , sito>> 

Il video dei tassi ripresi dalla video trappola

https://www.youtube.com/watch?v=heFouXyWrdM&ab_channel=WWFSudMilano

Si ringraziano Giorgio Bianchini del WWF Sud Milanese-Martesana e i volontari-naturalisti Lorenzo Alberto Bignami e Alessandro Podenzani.