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La rocca, il vivaio, il bosco, il fiume e la bella fattoria

Scritto da Stefano Fusi. Postato in Notizie

La rocca, il vivaio, il bosco, il fiume e la bella fattoria

C’è un angolo di campagna sorprendente a 10 chilometri da Milano, fra San Giuliano Milanese e Melegnano, vicino al Lambro e attorno a una rocca antica. In un vivaio sono state fatte crescere migliaia di piante per ripopolare oasi e parchi, e attorno a una cascina sono stati piantati oltre 30.000 alberi. Nella cascina si insegna la permacultura, si allevano animali all’aperto, si produce biologico, si costruiscono case con la paglia.

Si trova proprio dove parte il nastro d’asfalto che negli anni del boom collegò Milano con il Sud, di fianco all’autostrada del Sole. A pochi chilometri da Milano, all’altezza di Melegnano ma ancora nel comune di San Giuliano Milanese. Seminascosto fra capannoni e templi della logistica e del consumo, tra caselli e treni dell’alta velocità che stanno già per raggiungere i 300 chilometri all’ora, c’è un angoletto di mondo che va lentamente ma in modo sicuro. L’accelerazione continua che lo circonda lo fa risaltare ancor di più.

C’è una vecchia rocca, ci sono vecchie cascine e campi, c’è perfino un fiume, il Lambro, che arriva qui dopo aver lambito la metropoli (qui ho scritto della sua storia e delle sue vicende>>). In questo angoletto verde si arriva dalla via Emilia, poco prima che incroci Melegnano e sbatta contro la nuova tangenziale esterna Est, ennesima colata d’asfalto fatta per sgombrare un poco la famigerata tangenziale “interna”, ma consumando (o meglio distruggendo) ancora spazi, suolo e vite organiche.

Rocca Brivio

La rocca e il vivaio

Per arrivare in questo triangolo reconditosi si esce dalla via Emilia all’altezza di una trattoria nota nei tempi andati e ancora oggi. Si percorre uno stradino di quelli dove due auto devono scansarsi per passare se si incrociano, con tanto di saluti e ringraziamenti fra sconosciuti: questo è il segno che siamo già in campagna. La rocca che compare davanti si chiama Rocca Brivio. Bellissima nella sua semplicità austera, divenne pubblica decenni fa; vi si facevano iniziative culturali, matrimoni, cerimonie. Oggi il suo futuro è un po’ incerto, ma è divenuta uno dei “Luoghi del cuore” del FAI, il più votato in Lombardia. Del resto, è del 1300, quando si trasformò da presidio militare (per le ricorrenti guerre fra Milano e Lodi) a casa padronale. L’impianto attuale è del 1600, a opera dei marchesi Brivio. Varrebbe bene una visita, si potrebbe godere del suo stile barocco, di un giardino delizioso, della cappella gentilizia, delle sue antiche stanze decorate e degli affreschi, se le si desse la dignità che merita. I cittadini hanno chiesto che le amministrazioni pubbliche che ne sono proprietarie se ne facciano carico. Quasi sfregiata dalla neotangenziale che le sfreccia a poca distanza, sarebbe ancora in grado di stupire. Auguriamoci che si voglia ancora salvare la cultura e la storia. In ogni caso, anche se è quasi sempre chiusa, è bello vederla anche dall’esterno.

Parliamo però del verde meno “nobile” ma molto di sostanza che c’è attorno.

A destra, prima di arrivare alla Rocca, appena dopo un parcheggio, dopo una stradina che corre al bordo dei ruderi di un mulino, c’è una macchia verde. È un vivaio benemerito, il Vivaio ProNatura, dove da decenni si fanno crescere piante da seme selezionate e certificate, con cui si fanno piantumazioni di qualità un po’ dovunque. E si fanno iniziative di solidarietà sociale. Oggi è in parte abbandonato, un po’ come la rocca. Dopo la scomparsa della fondatrice e animatrice, Gabriella Paolucci, alcuni volontari con grandi sforzi stanno cercando di prenderlo in gestione e rivitalizzarlo. Ancora oggi però il vivaio ruspante riesce a rifornire oasi, naturalisti, cittadini che vogliono piantare alberi veri, nati e cresciuti in modo naturale da seme, non da talee come quasi tutti gli alberi “pronto-effetto” che vengono messi dagli amministratori pubblici, i quali li vedono come elementi d’arredo, non come esseri viventi. Gli alberi-cloni di solito sostituiscono alberi vecchi e veri, che intanto ci si industria a tagliare per far cassa o per altri scopi ancora meno nobili. È una bella propaganda, oggi, dire che “piantiamo tot alberi”. Ma che alberi sono? E come vengono messi, tutti in fila e già grandi, trasportati e traumatizzati? La gente sente di averne bisogno, e voilà il marketing elettorale è servito. Beh, chi vuole realizzare un’area naturalistica non di facciata sa che può ancora ricorrere al vivaio ProNatura. Se ha pazienza e spirito non commerciale, ma vuole ripristinare davvero la biodiversità.

La cascina Santa Brera

Girando a sinistra della rocca, invece, e poi ancora a destra, c’è una stradina in terra battuta che porta fino a Melegnano, all’altezza di una cascina dove si fa solidarietà ed educazione ambientale, la cascina Cappuccina. Per arrivarci, da qualche anno, si deve passare sotto alle campate che sopra il Lambro reggono la nuova tangenziale.  E il rumore che si sente non è più quello della campagna.

Ma è di un’altra cascina e dei suoi dintorni che intendo soprattutto parlare.

Per arrivarci si gira a sinistra prima ancora di arrivare alla rocca. Indicazioni: cascina Santa Brera. È un’antica cascina, fra le molte della zona. Poche sono ancora attive, alcune sono state inglobate dalla crosta di cemento e capannoni che s’è espansa lungo la via Emilia. Negli anni Ottanta, la cascina Carlotta di San Giuliano Milanese era fra le poche a voler continuare a coltivare e ci fu una battaglia per difenderne i campi, salvati solo in parte: la cascina fisicamente c’è ancora, con le sue mucche e fragole e qualche campo ma assediata da fabbrichette, strade, magazzini e centri commerciali. Altre cascine sono semplicemente sparite dai radar, cadute a pezzi o divenute sede di altre cose: niente più agricoltura.

La Cascina Santa Brera, più defilata, invece non solo si salvò ma restò a distanza di sicurezza dai centri commerciali sorti come funghi là attorno. E fu scelta per qualcosa di nuovo. Circa vent’anni fa fu rianimata, restaurata secondo i principi della bioedilizia e trasformata in un agriturismo molto speciale da chi la ereditò e decise di farci agricoltura biologica e non solo. In anticipo sui tempi, con grandi difficoltà e andando contro tutte le convinzioni correnti si cominciò a coltivare e ad allevare animali all’aria aperta, a fare orti condivisi e comunitari, ristorazione e iniziative di educazione ambientale e ora anche di asilo parentale in natura. Vi si tengono da tanti anni la Scuola di Pratiche Sostenibili e i corsi di produzioni naturali e di permacultura, una forma avanzata di agricoltura biologica che ha l’intento di migliorare oltre che le produzioni anche l’ambiente e le relazioni nella comunità. Alla cascina c’è anche una casa costruita con la paglia, tecnica di bioedilizia quanto mai ecologica; ci sono le api e c’è la vendita diretta dei prodotti; ci sono le ormai rare mucche della razza Varzese, quasi sparite dall’Appennino, che qui si cerca di salvare anche in accordo con Slow Food. Si curano tanto i terreni produttivi quanto le siepi e gli alberi, che danno rifugio agli animali selvatici, agli uccelli e agli insetti utili. Una bella realtà, su circa 34 ettari “puliti”, fra le più originali e consolidate di tutta l’area metropolitana. Sempre aperta e accogliente, la si può visitare anche da soli o con le guide per scoprire i segreti della natura; è meta molto amata dai ciclisti, dalle scuole e dai bambini che possono vedere gli animali da cortile, liberi in spazi loro riservati: mucche, maiali, asini e polli sui prati, nonché cani e gatti che vagano liberamente come nella bella fattoria della canzoncina. Un’eccezione, in tempi di agricoltura industrializzata e di allevamenti intensivi da brivido.

 La Cascina Santa Brera (foto dal sito della cascina)

Il bosco sul Lambro

Fra tutte queste sorprese, molto rare nella metropoli, la più straordinaria è però il bosco. Piccolo ma molto bello e significativo, è su sei ettari circa, appena fuori dalla cascina, lungo il Lambro. Era un terreno di marcita, seminato poi in modo convenzionale dai contadini ma infine abbandonato. Quando arrivarono i nuovi abitanti, decisi a creare un’azienda agricola biologica, fra i mille problemi dovettero anche affrontare questo. Quel terreno era periodicamente sommerso quando c’erano le piene del fiume. Il Lambro allora era ancora uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Quel terreno dunque era in parte inquinato e da depurare, d’altra parte era molto fertile perché gli scarichi organici, paradossalmente, l’avevano arricchito e concimato. In quegli anni erano in procinto di essere potenziati i depuratori che hanno ripulito le acque provenienti dalla soprastante metropoli (oggi qualche chilometro più a nord c’è il depuratore di Peschiera Borromeo che ha ridotto di molto i carchi inquinanti del fiume, e c’è un altro piccolo depuratore a San Giuliano Milanese, proprio vicino, a monte della cascina).

 Le sponde del Lambro e il bosco a Santa Brera

Decisero dunque di farne un bosco, per migliorare la biodiversità e depurare il terreno (alcuni alberi fra cui i pioppi neri fanno proprio questo) e per avere legna da ardere per l’inverno: piantarono dapprima circa 12.000 alberi (negli anni sono diventati 30.000), sia di specie da usare come ceduo tagliando alcuni alberi per l’autosufficienza energetica, sia di specie da lasciare crescere liberamente. Piantarono soprattutto pioppi neri, ontani e olmi di diverse varietà, e molte piante arbustive come i prunus mahaleb, i “magaleppi” (noti anche come “ciliegio di Santa Lucia” o ciliegio canino), per arricchire il sottobosco e impedire con la loro ombra una crescita eccessiva di erba. Ma l’inizio dell’impresa fu una vera lotta, poiché la fertilità del suolo favorì anche rampicanti molto aggressivi, come il luppolo selvatico. Questi indesiderati aggredirono gli alberelli che per la maggior parte erano alcuni poco più di un metro: si dovette liberarli uno per uno, a mano. Appena liberi s’alzavano di slancio e resistettero fino a prosperare. Inoltre, per scelta ecologica contro la plastica, non erano stati usati gli shelter, i ripari messi alla base del tronco che proteggono i piccoli fusti dagli animali selvatici. Si usarono invece prodotti ecologici (pacciamature con juta e paglia della cascina), si mise la calce più e più volte sulla base dei piccoli alberi per proteggerli. Furono scelte più faticose di quelle standardizzate che si usano normalmente per riforestare; lavori più intensi e accurati, furono premiati sia sul piano ambientale che naturalistico. Oggi il bosco è vigoroso e molto vitale, pieno di animali selvatici (uccelli e rapaci notturni, volpi, conigli e minilepri). È un bosco importante per l’aria e la fauna umana e non umana, l’unico lungo il Lambro da queste parti. La caccia ha creato problemi in paassato ma ora è vietata. Unici problemi, i cani spesso sguinzagliati di un vicino centro cinofilo, i quali rischiano di allontanare gli animali selvatici, e la necessità periodica di ripulirlo dai rifiuti solidi portati ancora dal fiume, per l’inciviltà persistente e la mole di residui della soprastante metropoli.

Il bosco di fianco alla cascina

La vita però qui è tornata. Tanti ci vengono per visitare Milano senza dover dormire in città; tanti della città ci vengono per comprare le verdure e le uova appena raccolte, coltivare l’orto, fare due passi in campagna e perché no, vagare anche per un breve tempo in un vero bosco, dove si riesce a immaginare concretamente come doveva essere  la vita prima della meccanizzazione totale, e si vede come dovrebbe essere in alternativa all’impero dell’industrializzazione spinta delle campagne.

La storia di questo angolo rinato sul Lambro si potrebbe riassumere con le parole della canzone di De Andrè: “dal letame nascono i fior”.

Informazioni

Come ci si arriva

In auto e in bicicletta dalla via Emilia, appena prima di Melegnano (ingresso all’altezza della Trattoria La Rampina).

In bus con l’autobus da San Donato Milanese (MM3) a Melegnano.

Cascina Santa Brera

www.cascinasantabrera.it, tel 02 983 8752

Scuola di Pratiche Sostenibili

www.scuoladipratichesostenibili.org

Vivai Pronatura

www.vivaipronatura.it/ (visitabile solo previo appuntamento, tel 3293615117)

Rocca Brivio

La Rocca attualmente è chiusa al pubblico.

Rocca Brivio>>