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La quercia magica e il cervo volante al Parco del Roccolo

Scritto da Stefano Fusi. Postato in Non categorizzato

La quercia magica e il cervo volante al Parco del Roccolo

Un parco sovracomunale che completa il corridoio ecologico fra il Ticino e Milano a Nord-Ovest della metropoli: ciò che resta della foresta che trovarono i Celti fondatori di Milano, secondo la leggenda. Con alcune sorprese.  

Quando la scrofa semilanuta si fermò e i Celti s’insediarono nella radura, nell’embrione della Terra di Mezzo – Mediolanum – Milano (così narra la leggenda), sicuramente in quei boschi c’erano molte querce centenarie. I druidi le adoravano e vi celebravano le cerimonie, con tanto di falcetto per prendere il vischio  dai loro rami, così narra Cesare. La quercia può diventare molto longeva. Di ghianda in ghianda, e fra una ghianda e l’altra, dura molto più di noi umani. Ci guarda dal folto. Oggi ne restano ben poche, dove un tempo era tutta foresta. Un battito di ciglia in termini storici e naturalistici, e oplà eccoci in pieno antropocene, l’era nella quale tutto è fatto a nostra immagine e somiglianza. Nell’area metropolitana di Milano, massima espressione di quest’era esaltante quanto funesta per ciò che riguarda le piante e gli animali non umani, ce ne saranno qualche centinaio? O decine? Alcune sono qui, e restano a farci da antenati vegetali, nel corridoio ecologico Ticino-Milano di cui ho parlato qui>>: http://bit.ly/307QmAW

Le più antiche querce, forse, sono quelle del bosco di Vanzago, protette dall’oasi del WWF. Le altre sono appena fuori, nel Parco del Roccolo, un PLIS (Parco Sovracomunale di Interesse Locale). Sono 1.810 ettari tra i Comuni di Arluno, Busto Garolfo, Canegrate, Casorezzo, Nerviano e Parabiago. Il parco è all’80% agricolo ma vi restano molti filari, dove si rifugiano molti animali compresi quelli transfughi da Vanzago (e braccati dai cacciatori: ma in molte aree del parco la caccia è vietata). Ma vi sono piccoli boschi significativi, testimonianza delle foreste di 2000 anni fa e oltre, prima che i Romani arrivassero a squadrare e dissodare (ci sono strade, qui, ancora impostate sulle loro direttrici).

 Nel visitare il bosco, per non farci mancare nulla, le guide del Parco rievocano gli antichi riti aggiornandoli: attorno alle querce “magiche” si prende una ghianda e si esprime un desiderio, circondando in cerchio le due querce che fanno da porta sul sacro, attorno a un cerchio di pietre. L’idea è che la forza della quercia aiuta a realizzare i propri desideri. E in effetti la ghianda è simbolo pluriconvalidato anche da illustri psicanalisti, oltre che dalla tradizione. È una normale visita naturalistica al parco, ma questo spunto di ecologia profonda è quanto mai in tono con il minuscolo bosco di Arluno che sopravvive all’interno di questa area.

Alle querce magiche si portano anche doni e preghiere, e sono stati dedicati addobbi e omaggi di vario genere. Ci vuole poco a sentire che gli alberi sono sinceramente riconoscenti.  

Ci sono altri boschetti meno estesi (bosco della Brughierezza e appunto bosco del Roccolo), e comunque sono dominati da robinie, querce rosse e ciliegi tardivi, tutti alberi “immigrati” da altrove e divenuti preponderanti nei secoli. Ma anche i loro filari lasciati fra i campi, come dicevo, sono qualcosa di essenziale per gli uccelli selvatici e i piccoli mammiferi che qui si rifugiano e possono transitare in sicurezza fra una distesa coltivata e l’altra. Specialmente i rapaci notturni (che infatti sono stati scelti per essere rappresentati nel logo del Parco), ma anche i diurni, i picchi e gli uccelli acquatici (è una zona poco umida ma ci sono canali dal vicino Villoresi). Fra i mammiferi ci sono i caprioli che scappano da Vanzago, le volpi, i ghiri e gli scoiattoli.

Il Parco è attivissimo a organizzare visite guidate e iniziative di educazione ambientale. Una delle più interessanti: il censimento dei cervi volanti, i mitologici insettoni che da bambini conoscevamo tutti bene (tranne i più urbanizzati), e che qui pare abbiano resistito all’avanzata del cemento e delle strade. È il più grosso coleottero d’Europa, bello quanto inquietante. È messo in pericolo dalla dissennata politica del rimuovere i tronchi degli alberi più grandi quando cadono a terra. Sarebbe invece il caso di lasciarli, come nelle oasi e riserve naturali e come qui ad Arluno, affinché il terreno si rigeneri.

(Fra parentesi: in un impeto di horror, qui vicino si vuole costruire una discarica, anzi le cose sono già abbastanza avanti. Sparuti ma decisi verdi del luogo si oppongono, speriamo resistano come i Celti di Asterix). 

 Il Cervo Volante

Per arrivare al parco del Roccolo da Milano si prende l’autostrada per Torino e si esce ad Arluno, o si va lungo le strade statali e provinciali da Rho.

Per tutte le informazioni: www.parcodelroccolo.it