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MA DOVE SONO LE PAROLE?

a cura di Chandra Livia Candiani con Andrea Cirolla

ed. Effigie, Milano, 2015 

Una maestra va in periferia non ad insegnare, ma ad imparare da bambini arrivati a Milano da ogni angolo del mondo (compresa l’Italia). Ce ne sono anche alcuni che vengono da un vicino campo nomadi poi smantellato (ora sono spariti dalla scuola). Ormai la maggioranza dei viventi umani nel mondo è in periferia, né centro della città né campagna o provincia; è una condizione precaria che però mette in relazione con tutto il mondo, permeabile a ogni influsso. Per questa maestra sui generis si tratta della periferia nord di Milano, che si spalma fra stradoni, case popolari, grattacieli vuoti, ex ferrovie ex fabbriche ex tutto. La conosco, ci abitavo da bambino.

Quando ero bambino e abitavo a un chilometro da lì, erano periferia i miei nonni, erano periferia quelli arrivati dalle colline, quelli venuti giù con la piena - si dice a Milano -  o dalla pianura o dal Sud. Avevamo tanto da tessere, per riconoscere qualcuno di cui fidarci, una comunità in cui vivere, un quartiere da scoprire, un senso da trovare; oggi tutto il mondo si raccoglie qui attraverso questi bambini.

Questi bambini della maestra Chandra ne sanno ancora meno di me, di questa periferia, loro che non sono né (ancora) italiani né (più) stranieri… e sono anche poco bambini: rigidi, impauriti, lasciati fuori. Ma questa maestra è come loro e pone loro domande, ha bisogno delle loro risposte, lei che conosce il dolore e lo spaesamento. Una in particolare: “da dove vengono le parole?”. E dà loro strumenti per trovarle ed esprimerle in poesia.

Lo fa per anni, in una scuola di questa periferia sperduta. Ne esce un libro di pazzesca bellezza, nel quale sotto le vesti di bambini filippini, marocchini, cinesi, rom, italiani di 8-10 anni appaiono grandissimi poeti. I grandissimi poeti che tutti potremmo essere se solo ci ascoltassero fin da piccoli, ci chiedessero cosa proviamo, cosa sentiamo, che cosa ne pensiamo, come sta il nostro corpo, dove scorre la nostra paura, dov’è la nostra allegria, come si chiama la nostra neve o il caldo che sentiamo, la paura della notte, cos’è un addio e cos’è il silenzio e tutto il resto. I bambini dicono cose di una profondità abbacinante, in poche parole che dobbiamo leggere per comprendere chi abbiamo intorno ora, quale comunità potremo avere nei prossimi anni e decenni sull’orlo di questo gorgo che è la città in cui viviamo. E per capire chi siamo noi, che siamo stati bambini ma non ci è stato chiesto di raccontarlo in poesia. Magari l’abbiamo scoperta da grandi, pochi di noi; adesso sembra una stranezza la poesia, mentre a quell’età l’avremmo “fatta” senza alcuno sforzo e avremmo compreso e goduto, e fatto comprendere e godere, qualcosa di più del mondo.

Lei è Chandra Livia Candiani, una donna minuta, fragile e fortissima della sua fragilità, che parla con una sua voce da bambina, ha un libro di sue poesie pubblicato da Einaudi (“La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore”), nel quale “insegna” ad abbracciare e ad abbracciarsi, e altri libri altrettanto commoventi. In questo libriccino sparuto e potente come lei, confezionato con fatica con l’aiuto di uno scrittore giovane, invece, racconta fra l’altro i suoi viaggi sul tram freddo d’inverno per arrivare dalle parti di viale Espinasse con uno zaino pieno di tutto a mo’ di borsa di Mary Poppins, per mettersi al servizio di questi piccoli tenendo dei seminari di poesia alle elementari.

Quest’incontro, spiega, avviene in una “periferia dell’essere, dove si sbaglia sempre, si è fuori luogo, si vacilla fortemente e si vive senza rete. Ma si è acrobati  quasi nati, si impara veramente da subito”.

Queste poesie scritte da bambini sono da leggere semplicemente per imparare, per piangere lacrime di gioia, per specchiarci nella bellezza che tutti siamo e che qualcuno sa come mantenere viva.

Quello che conta

quello che conta

sono

tutte le cose collegate,

su un filo,

su una tela,

ti ricordano

te stesso,

ti riportano

a te

Veronica, dieci anni, italiana

Il silensio

(…)

Il silensio mi pasava tra le vene

Sembra infinito il silensio.

Marius, nove anni, rom

L’amicizia

L’amicizia

la senti

quando dai

la mano

Maryna, nove anni, ucraina

Il libro

http://www.ibs.it/code/9788897648321/dove-sono-parole?.html

Qui si può ascoltare Chandra Livia Candiani che parla del libro nella trasmissione di Rai3 “Uomini e profeti”, intervistata da Gabriella Caramore.

https://www.youtube.com/watch?v=AH8BZWT-dLw

una intervista

http://www.huffingtonpost.it/2015/09/23/donna-bambini-poeti_n_8181358.html?ref=fbpd

 

ALBERI SACRI: DUE BELLISSIMI LIBRI 

"Alberi e miti" di Gabriele Burrini 

"La memoria degli alberi" di Bernardo Notargiacomo

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JAMES HILLMAN - IL CAMMINO DEL "FARE ANIMA" E DELL'ECOLOGIA PROFONDA

di Selene Calloni Williams, edizioni Mediterranee

<<È molto difficile per noi oggi, dopo Cartesio, che creò i presupposti filosofici per lo sfruttamento dell’ambiente, dichiarandolo morto e privo di anima, di attività propria, davvero difficile per noi immaginare che la terra letterale possa essere animata, dotata di spirito. Popoli di altre culture percepiscono la terra sulla quale vivono e dalla quale traggono vita non semplicemente come una madre che nutre e punisce, bensì come una parte integrante della loro stessa anima. L’anima interiore e la terra esteriore sono unite per osmosi, cosicché quando si verifica un impetuoso movimento, una migrazione oppure una distruzione radicale della terra mediante l’apertura di miniere, la costruzione di dighe e la deforestazione, tali popoli sentono deteriorarsi la loro stessa anima, la vita li abbandona e muoiono. Tutto ciò non accade soltanto per motivi economici, per il fatto d’essere stati privati della loro fonte di sussistenza, degli animali, delle piante, dell’acqua, ma perché il loro mondo spirituale è stato smembrato; hanno perso i loro protettori, la loro ragione per esistere e per servire. 

Noi, che nella nostra “civilizzazione” siamo in grado di vivere senza dèi in una società secolare, arrangiandoci abbastanza bene come anime perse in una condizione priva d’anima, siamo dal loro punto di vista dei morti che camminano, degli zombi, irreali. Solo in questo modo, disgiunti dalla terra, possiamo raggiungere i nostri “successi”, successi che stanno all’interno della follia di un pianeta filosoficamente morto. Quando noi preghiamo “Sia fatta la tua volontà” ci rivolgiamo a un dio astratto, trascendente, che vive a grandi distanze dalla terra, se davvero “vive”. Quando i popoli animisti e politeisti, pagani, pregano “Sia fatta la tua volontà”,  si rivolgono alla pioggia e al fiume, alle piante e agli insetti, ai poteri e alla volontà della terra stessa.

[…]

Ecologia è molto più che semplice attenzione alla distruzione della vita sulla terra e all’urgenza di azioni in merito. La Volontà è solo un lato di una risposta premurosa e intelligente. L’attivismo verde, la politica verde, il ripristino del verde sono le energie della terra che esprime se stessa attraverso l’eroismo degli attivisti. Tuttavia, a meno che l’intimità del riposo, l’ascolto della terra con orecchio poetico e contemplativo non affianchino l’attività, corriamo lo stesso pericolo: l’impetuosità. La terra, letterale o immaginale che sia, ha un tratto comune: la lentezza. È solidità, profondità e risonanza verso l’interno.>>

[…]

Che sia così vasta e solida implica che l’immagine della terra ha la stessa portata e possibilità d’azione psicologica, azione di contemplazione e riflessione, dell’azione fisica nel campo letterale dell’ambientalismo verde. >>

James Hillman, citato nel libro <<James Hillman – il cammino del “fare anima” e dell’ecologia profonda>> di Selene Calloni Williams, edizioni Mediterranee.

Un libro prezioso e illuminante, che è un dialogo fra l'autrice - con le sue esperienze con lo Yoga e lo sciamanesimo - e il lascito di Hillman, con cui ebbe un forte scambio e continui confronti sulla natura delle esperienze interiori e sull’ecologia profonda. "Fare anima" significa anche riscoprire le antiche conoscenze dei popoli di natura, che fanno da specchio alla nostra essenza più profonda e ne portano alla luce i tesori. Perché oggi sappiamo che è il nostro legame con la Terra e il Cielo a dare sostanza e realtà alla nostra vita.  

 

LA DANZA DELLA REALTA' 

Il film di Alejandro Jodorowsky

 

GRAZIE A DIO, COME CI IMBROGLIA LUI NON CI IMBROGLIA NESSUNO!

 

L’ultimo film di Alejandro Jodorowsky: il film della ricapitolazione, autobiografico ma non troppo.

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IL SUOLO E' DEI NOSTRI FIGLI

di Cinzia Sasso con contributi di Domenico Finiguerra, Instar libri

L'unico comune in Italia ad aver detto basta al consumo di suolo: Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano. Ha approvato un piano regolatore che esclude la possibilità di edificare occupando nuove superfici. Il suo giovane sindaco, Domenico Finiguerra, consapevole che ogni anno in Italia si perde una quantità di suolo pari a 240.000 campi da calcio, ha dato il via al movimento Stop al consumo di territorio ed è riuscito a trasformare un piccolo e sconosciuto Comune in un concreto esempio di riferimento per l'intero Paese. Coinvolti dal sindaco, i cittadini hanno approvato la rinuncia da parte del Comune agli introiti degli oneri di urbanizzazione e accettato di pagare più tasse locali: per vivere nel verde. Cassinetta è un'oasi, ma sta facendo scuola a tutti i "comuni virtuosi" che nel nostro Paese cercano concretamente di entrare nel futuro pensando al benessere delle future generazioni. Il volume ha le prestigiose introduzioni di Salvatore Settis e Luca Mercalli.

LA MIA NUOVA VITA SUGLI ALBERI 

Romanzo di Kiran Desai, Mondadori, 1998

Il "Barone  rampante" indiano, uno dei romanzi più divertenti, profondi e intriganti letti negli ultimi anni. Chissà perché a molti viene voglia di andare a vivere sugli alberi. Forse per tornare alle nostre origini, in cui eravamo più vicini al cielo e meno legati alle dispute del mondo ad altezza suolo; forse eravamo un poco più animali, e infatti in questo libro la vicenda si dipana in modo ancora sopportabile alle umane convivenze fino che non avviene l'incontro con un gruppo di scimmie che a modo loro stravolgono tutto, e trasformano gli stessi umani in bestie ma precipitandoli molto più in basso di quanto sono le stesse scimmie... Le quali hanno dalla loro l'innocenza feroce della natura, che gli umani hanno persa. L'aspirante eremita troverà solo nella contemplazione senza scopo dell'albero e delle piccole meraviglie della natura, e nella compagnie dei primati, quello che cercava, mentre giù dai rami l'intero consesso umano va letteralmente fuori di testa. L'India è davvero una grande madre capace di metafore e di storie di questo tipo, ma la domanda posta dal libro è: fino a quando reggerà? 

NEL MONDO POROSO 

SAGGI E INTERVISTE SU LUOGO, MENTE E WILDERNESS

di GARY SNYDER - a cura di Giuseppe Moretti, Editore Mimesis

Gary Snyder è il poeta dell'ecologia profonda, Premio Pulitzer per la poesia nel 1975, padre del movimento della controcultura americana degli anni Sessanta. Un personaggio tanto poco conosciuto in Italia quanto dall'immensa forza evocativa, esempio di adesione totale a una visione del mondo completamente diversa da quella tuttora dominante. Quella che vede nel piccolo, nel semplice, nel selvaggio e nel puro la base reale dell'esistenza.

Questo volume, curato in modo ammirevole e appassionato dall'animatore del Sentiero Bioregionale (www.sentierobioregionale.org), è invece un excursus affascinante in prosa. Racconta come Snyder sia arrivata a quell'aderenza totale con i cicli della vita che ne fa insieme un pioniere e, oggi, il riferimento principale di quanti trovano nella natura la propria vera identità. Fu un nativo americano a rivelargli, quand'era ancora piccolo, un'altra visione del mondo. Quella del "mondo poroso", nel quale non siamo oggetti separati ma flussi, connessioni, interrelazioni che ci compenetrano in una rete di relazioni, più che oggetti separati che si illudono di essere a sé stanti e così si perdono. I saggi dell'Isola della Tartaruga hanno insegnato a Snyder a "ri-abitare" la Terra, e qui ci racconta come è avvenuto.   

 

VERDE BRILLANTE: INTELLIGENZA E SENSIBILITA' DELLE PIANTE

Stefano Mancuso e Alessandra Viola

Giunti editore, Firenze, 2013



FOTOSINTESI O GUERRA


Le piante sono intelligenti, comunicano, hanno diritti in quanto esseri senzienti e animati. sono più evolute di noi umani. Sono dominanti nella biosfera (di cui rappresentano il 99,7 per cento della biomassa). Gli animali e noi ne dipendiamo totalmente, sono le mediatrici con l’energia del Sole che ci arriva attraverso loro. Medicinali, energia, cibo, ossigeno, benessere psicofisico: tutto ciò di cui abbiamo bisogno proviene da loro. Ma stiamo crescendo e, come adolescenti in lotta con i genitori per crescere, ne rimuoviamo dalla coscienza l'evidenza per “umana” irriconoscenza, necessaria alla nostra affermazione ma rischiosa perché ci impedisce di impararne gli infiniti insegnamenti. Per questo motivo la scoperta della sensibilità e intelligenze delle piante è una rivoluzione scientifica come quella copernicana. Le prove scientifiche confermano la necessità di andare oltre l'antropocentrismo. Di essere più umili - come le piante che hanno la loro intelligenza soprattutto nell'humus, la terra, con le radici che sono il loro "cervello" esteso e complesso quanto e più del nostro. Le piante si muovono, comunicano, dormono, hanno sensibilità e intelligenza proprio come noi, e in più sanno trasformare la luce in energia e sono collegate in una rete così estesa che quelle umane, dal cervello al web, sono solo pallide imitazioni. È la fotosintesi la fonte primaria delle vita, tutta! Loro non dipendono che dal Sole, non da altri esseri viventi, e dalla simbiosi, che è la collaborazione fra specie diverse. Hanno imparato a hanno imparato magistralmente a trarre energia direttamente dalla luce e dalla cooperazione (solo un esempio: l’impollinazione), noi non ancora. Finora abbiamo usato energia proveniente da piante vive o morte (combustibili fossili); ora possiamo usare, pare, se ci dedicheremo con altrettanta energia studiare per il bene e la pulizia, la fotosintesi artificiale che è già allo studio. 
Considerando che anche questa ennesima guerra sarebbe, guarda caso, in una zona dove sotto sotto si combatte sempre per il petrolio, si può ben dire che anche oggi, come sempre, l’alternativa è fra intelligenza e rispetto della natura da una parte e ignoranza e inadeguatezza di esseri che hanno ancora tanto da imparare ma si comportano da rozzi con la clava, dall’altra. La prima fra tutte le cose da imparare è che anche le piante sono esseri senzienti e hanno diritto di vita e di libera espressione. E che “vegetare”, d’ora in poi, è meglio cambi significato, in positivo. Magari significa dover cambiare completamente e diventare adulti riconoscendo quanto dobbiamo loro e quanto hanno da insegnarci. Ma è per il nostro bene.
Il bellissimo libro si legge d’un fiato, è semplice e appassionante come un romanzo d’avventure. Fa scoprire un mondo nuovo.

 


PER UN’ECOLOGIA DELLA PERCEZIONE: RISCOPRIRE I SENSI PER USCIRE DALL'ABSURDISTAN DEI MIRAGGI TECNOLOGICI

IL  TESTAMENTO  SPIRITUALE  DI  IVAN  ILLICH

"LA PERDITA DEI SENSI", LEF, Firenze, 2009

Nel libro postumo “La perdita dei sensi”, pubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina, Ivan Illich propone una moderna “ascesi” basata sui valori dell’amicizia e della convivialità: una volontaria “riconquista disciplinata” della sensorialità per uscire dai “miraggi tecnogenerati” che limitano la nostra libertà. 

“La perdita dei sensi”, pubblicato dalla Libreria Editrice Fiorentina, è la raccolta di testi di appunti da conferenze fra il 1987 e il 2002, anno della morte di Illich. Testi illuminanti, di stupefacente attualità: il grande “archeologo della modernità” esamina tutti i principali problemi che oggi stiamo affrontando - dalla “politica dello show” all’effetto perverso dei mass media e degli apparati burocratici e tecnocratici, dall’isolamento sociale all’insostenibilità umana, economica ed ecologica dell’attuale modello di sviluppo.   

Rileggere Ivan Illich oggi inevitabilmente significa poi trovarsi ad esclamare: ma lui lo diceva già nel 1973 (o nel 1985, o nel 1992...)... forse non c'è stata altra figura, nel secolo scorso, ad avere insieme spirito profetico e capacità di andare oltre le ideologie allora dominanti, cosa che lo rese inviso sia al mondo cattolico da cui proveniva, sia alla sinistra che non vedeva di buon occhio l'accento che metteva sull'autoorganizzazione della società civile come alternativa concreta alle burocrazie, sia naturalmente ai conservatori che lo vedevano come il fumo negli occhi per le sue analisi controcorrente sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla tirannia delle professioni e delle lobbies. Con la consueta libertà intellettuale, in questo libro Illich delinea una “ecologia della percezione e dei sensi” che può ricostruire relazioni umane sostenibili e durevoli.

Sembra di entrare in una realtà alla “Matrix”: dominati dagli apparati tecnici, non siamo più in grado neanche di accorgerci del nostro potere personale e della realtà sociale, e finiamo per divenire appendici di un megasistema quasi occulto che tuttavia ha effetti ben concreti: spreco, consumo, disoccupazione di massa, crisi finanziarie causate dall'assenza di controlli da parte dei cittadini.... Illich, dopo aver proposto fra l'altro di “descolarizzare la società”, di togliere la medicina dalle mani delle lobby farmaceutiche e ospedaliere, di passare alla bicicletta e alla convivialità contro i consumi e gli sprechi, va ancora più in profondità e propone di passare all'amicizia e al guardarsi negli occhi, al contatto diretto con gli altri e con il creato per recuperare i presupposti minimi di una convivenza armonica. 

È un vero e proprio appello a superare “la disumanità di un mondo senza rapporti con il suolo”, l’“impotenza programmata” e la “educazione alla sopravvivenza in un mondo artificiale”, che per Illich rappresentano la “banalità del male”. 

Il libro propone chiavi di lettura originalissime, spiazzanti quanto feconde, in linea con le sfolgoranti intuizioni anticonformiste di Illich che da più di quarant’anni ribaltano tutte le interpretazioni correnti della società attuale. In questa luce si possono leggere meglio anche fenomeni ed eventi che stiamo vivendo in questi anni, mesi e giorni: Eluana e cure terminali, accanimento terapeutico ed eutanasia (Illich parla di “a-mortalità” e dei “non luoghi” degli im-morti”, per i quali invita a pregare), Grande Fratello e veline in politica, esplosione dei social network surrogati dell’amicizia e di relazioni umane sfilacciate, videodipendenze e farmacodipendenze, globalismo e “glocalismo”, sviluppo “sostenibile” e decrescita, fino alle “cliniche degli orrori” e alla più ardua battaglia di Obama, quella contro le lobby delle assicurazioni private sanitarie, della sanità privata e dell’industria farmaceutica e dei macchinari medicali. Questo libro offre una summa del pensiero di Illich in modo ancor più suggestivo ed emotivamente carico rispetto ad altri testi, poiché si tratta della trascrizione di discorsi e lezioni. Attraverso la sua viva voce, Illich propone una via di rinascita umana nel segno della responsabilità, radicalmente alternativa a quella propinata dall’imperante apparato tecnologico che ci mutila allontanandoci da noi stessi, dallo spirito e dalla natura.