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La Danza della realtà - l'ultimo film di Jodorowsky

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GRAZIE A DIO, COME CI IMBROGLIA LUI NON CI IMBROGLIA NESSUNO!

Presentato a Milano a cura di Living Now>> l’ultimo film di Alejandro Jodorowsky: “La danza della realtà”, il film della ricapitolazione, autobiografico ma non troppo.

Di Stefano Fusi

Quarant’anni dopo “La montagna sacra”, l’ebreo ucraino cileno attore clown regista artista scrittore fumettaro psicomago ecc. ecc. riversa la sua stupenda lucida  follia in un film che lo riporta alle origini, lo fa ritornare bambino  nella cittadina di Tocopilla, un angolino d’inferno, miseria e rabbia fra minatori mutilati dalla dinamite, vaneggiamenti di gente umiliata e brulle montagne alle spalle di un paesaggio da incubo. Qui nacque e subì i traumi necessari alla sua arte visionaria. Il dolore e lo spaesamento sono indispensabili per diventare un genio?  Bisogna aver conosciuto lo sradicamento, la povertà, le baraccopoli, lo sfruttamento feroce delle dittature sudamericane, la tortura, le esaltazioni palingenetiche di chi vuole cambiare il mondo  per amore della vita e dell’umanità, e ne finisce stravolto e cambiato, svuotato di ogni goccia residua di umanità, paralizzato e ridicolizzato dall’onnipotenza del potere?

Come nel mitico finale della Montagna sacra, Jodorowsky alla fine (?) della sua vita (85 anni! - ma lui dice giustamente che comincia ora!) ci irride ancora consegnandoci il suo testamento spirituale: pensavate che fossi un mago dei tarocchi, un interprete dei Vangeli, un autore di fumetti,  un guru della New Age? No, sono solo un bambino impaurito e vessato, un profugo cresciuto in terra straniera, un sopravvissuto all’olocausto e all’Holomodor, il genocidio per fame dell’Ucraina degli anni Trenta; sono il figlio di una donna sacrificata e di un fanatico stalinista che sognava di uccidere i tiranni e per questo divenne come loro…  Vi aspettavate che vi rassicurassi,  che vi mostrassi paradisi esoterici, luminose vie di iniziazione, salvazioni angeliche? Niente affatto, il mondo è sangue, miseria e schifo, è un grottesco grumo di violenza e passioni furibonde e irrisolte, è fame e sopraffazione, allucinazione e delirio. Eppure, sorride il vecchio Jodorowsky, l’artista deve farvi vedere proprio questo: “Vi mostro il processo che attraverso la sofferenza porta le anime alla felicità”.  Ci si arriva “attraverso lotta e conflitto”.

Nella conferenza stampa a Milano, al termine del film, rivela che il suo è un cinema terapeutico, vuole sanare: “non faccio film in modo razionale, ma in trance. Mi arrivano come in sogno, i sogni sono perfetti, questo film è perfetto”. L’ha fatto per necessità, non per fare cassetta ma per guarire se stesso, la sua famiglia e la sua comunità dalle ferite. È una seduta collettiva di psicogenealogia, un atto psicomagico insomma, di quelli che Jodorowsky somministra per risolvere le questioni che angustiano che si rivolge a lui per i consulti. Nel film compaiono i suoi figli;  uno impersona suo padre, racconta ridendo Jodo; a un certo punto delle riprese si confusero talmente i ruoli che lui e il figlio poterono incontrarsi su un piano di parità come esseri umani fuori dai ruoli, abbracciandosi con commozione.

Insomma, è un film che vuole parlare dell’anima (“L’artista ti mostra la bellezza della tua anima”), autobiografico ma non realista bensì surrealista e catartico (nella realtà la madre fu frustrata nel suo sogno di diventare cantante lirica e umiliata dal marito-padrone, nel film canta ed è santa guaritrice e maestra che salva il figlio danzando con le ombre più oscure della propria personalità; suo padre voleva davvero uccidere il tiranno e perciò nel film resta paralizzato alle mani).  Il simpatico, pazzo e adorabile Jodorowsky manifesta ancor a una volta la sua feroce innocenza: non è egocentrismo occuparsi di sé, lo si fa per guarire, è un atto d’amore.  Quando si rompe con il proprio io illusorio, bisogna trovare un senso alla propria vita.  In quanto a rompere le illusioni dell’ego Jodo è un vero maestro da sempre. Proprio questo fa il maestro: non ti rassicura, al contrario ti manda in pezzi e poi, magari, ti aiuta a ricomporti, se proprio deve, se mostri di essere in grado di farlo; altrimenti, come un falco che ghermisce la preda per necessità, ha eliminato dal gioco un falso aspirante spirituale, facendo un’opera di pulizia.

Nella Danza della realtà ritroviamo alcuni dei momenti forti che nella Montagna sacra furono rivelazioni di un universo simbolico: il falò dei documenti d’identità, la perdita dei soldi, i nani, gli storpi e i deformi, gli umiliati con i moncherini, il fascino perverso dell’uniforme e del potere, le pulsioni sessuali e genitali e le perversioni dell’immaginario, la violenza gratuita e la cruda nudità, il rispecchiamento negli idoli e la bontà ingenua dei credenti, l’aspirazione al miracolo che però si rivela una perla data ai porci, il saggio che accompagna alla morte simbolica e ne salva…  Ma non appaiono qui come citazioni né ripetizioni, anzi ampliano la percezione e commuovono ancora.

Grazie Jodo per questo nuovo pugno allo stomaco, proprio quando ci si sente a posto e arrivati, quando siamo avvolti dalla melassa  dell’amore universale  e incondizionato serve ritornare alle radici nel fango e nella merda.

Scene in esclusiva e trailer de La Danza della realtà>>

Il trailer ufficiale del film>>

Di seguito un mio articolo del 2002, uscito in occasione della pubblicazione del suo libro autobiografico “La Danza della Realtà” (Feltrinelli), cui si ispira il film. Naturalmente la filmografia e la bibliografia sono aggiornate a quell’anno.

IN CIMA ALLA MONTAGNA SACRA? MA È UNO SCHERZO!

Alejandro Jodorowsky: dal viaggio iniziatico alla psicomagia

Nel marzo scorso è passato in Italia un mito vivente: il regista della Montagna sacra. Ora il regista-attore-sceneggiatore-drammaturgo-esoterista-romanziere-poeta è psicomago, o meglio psicosciamano: prescrive azioni terapeutiche paradossali, per guarire e trasformare la vita. Del resto, buon profeta, ci aveva avvertito già trent'anni prima del Grande Fratello televisivo: siamo solo in un film, uscirne è magia, la realtà è altrove. E ci racconta come si fa ne suo libro autobiografico.

di Stefano Fusi

1973. Al liceo, un professore di biologia ci spiega come vengono prodotte le bombe batteriologiche (la procedura elaborata dagli ‘scienziati’ prevede la coltura e i successivi ‘arricchimenti’ per selezione artificiale di virus, batteri e altre schifezze mortali). Invece delle solite lezioni su cellule e metabolismo, il prof ci spiega il mondo reale, le deviazioni deliranti della tecnocrazia. Poi, d'un tratto, il prof interrompe anche questa variazione sul tema e dedica alcune lezioni a spiegarci dapprima i tarocchi, poi un film appena uscito: La montagna sacra, di un certo Jodorowsky, regista a noi sconosciuto, attori sconosciuti. Per farci capire la trama, il professore sciorina i tarocchi e l'opera alchemica, disserta di esoterismo, mistica orientale, Sessantotto e surrealismo, astrologia e cabala. Andiamo al cinema con la ‘lista’ dei 22 arcani maggiori e ci spariamo due volte il film, decodificandolo, per quanto possibile, grazie alla spiegazione del professore e alla lista, godendo delle facce ammutolite e sconvolte del resto del pubblico, privo della preziosa lista e ignaro di Alchimia, Matto, Papessa, Solve et Coagula e quant'altro. Alla fine delle due proiezioni, pur non avendoci comunque capito quasi niente (col senno di poi: allora ci sembrò invece di illuminarci), siamo contenti come si può esserlo quando si viene stregati da uno sciamano che ti fa volare colla fantasia. Placebo? Così funziona la realtà, che è incantata come una fiaba ma molto più vera e divertente. Nel suo ultimo libro, Jodorowsky la chiama ‘La danza della realtà’: il mondo s'alimenta di ciò in cui crediamo finendo per assomigliargli. Il mago lo sa e crede a ciò che vuole per renderlo vero. Non esistono verità assolute ma verità utili.

Questo Jodorowsky e questa Montagna sacra restano dunque come un verme nella mela, o una talpa nella terra, a scavare nella mente  di chi li ha visti. Dubbi, paure, esaltazioni, rabbie, estasi, in quel film c'è tutto e il contrario di tutto; eccesso, ridicolo, sublime, violenza, passione e amore. Neppure l'altrettanto alieno e stralunato El topo, dello stesso regista eccetera, visto dopo, risulta così definitivo, così mandalico e universale, così onnicomprensivo. Certo, la storia della Talpa è affascinante, è un simbolo esoterico potente. Il simbolo sta a significare che nel mondo materiale siamo ciechi ma scaviamo perché dobbiamo comunque vivere mangiare e muoverci; tuttavia la realtà è altro. Oppure, che quando vediamo la luce, diventiamo come ciechi e indifesi nei confronti del mondo ‘normale’ in cui restiamo imbozzolati pensando di  dover nascere amare combattere uccidere e morire, prigionieri di sentimenti legami illusioni.

Il film-mandala del XX secolo

Ma il culto per La montagna sacra è altra cosa, è un'iniziazione culturale a tutto tondo. Brutale, violento e feroce, sublime e delizioso come i riti d'iniziazione. A distanza di tempo, e coll'esperienza, se ne coglie la pregnanza e l'estrema attualità. L'Alchimista che esorcizza l'aggressività con un tocco lieve sui chakra, ci svuota e ci chiede se vogliamo l'oro, e al nostro sì ci fa rendere conto che siamo merda, rifiuto, ci fa guardare la nostra merda e la trasforma in oro: ma ci ficca nell'Athanor, il crogiolo da cui distilla la nostra essenza purificata. I lucertoloni e le iguane imperturbabili e solenni che impersonano i reami precolombiani distrutti dai rosponi arrivati con le caravelle: la modernità predona che distrugge la natura e la spiritualità nativa, ci tira una croce sopra. Il predicatore psichedelico del bar del Pantheon che, per un attimo, riesce a distoglierci dall'arrampicata: è il consumismo psicotropo in voga in quegli ani che ci trasforma in dipendenti da visioni e sballi chimici. La scienza e lo studio razionale che ci suggestionano ma possono solo attraversare la materia in orizzontale, non salire oltre Maya (la forza illusoria ma reale allo stesso tempo, con cui la mente universale crea le forme-energia). L'alchimista che convince il Ladro a buttare il piccolo mostro delle sue illusioni, a buttare i suoi soldi e il suo ego nel fuoco e a sciogliersi nel gruppo (solo in gruppo si riesce a trovare l'illuminazione), a salire con i potenti alla caccia del potere e della realizzazione e della verità. La guida che rivela la tenerezza della normalità a chi ha superato prove incredibili e invita l'aspirante immortale a tornare dolcemente mortale per amore, a rinunciare all'estrema illusione della riuscita spirituale e a tornare nel mondo con la donna che l'ha seguito fino in vista della vetta, portando per mano la scimmia... fino a svelare che gli Immortali sono fantocci e che finora i cercatori dell'immortalità avevano solo vissuto un film. "Siamo tutti ancora più mortali che mai e questo è solo un film. Macchina indietro ", dice l'alchimista alla fine, rivelando i tecnici gli operatori le cineprese.

Un mandala cinematografico, con dèi e demoni e le prove da superare e il Bardo da attraversare, sogni archetipici collettivi che agiscono nel profondo di quel tempo post-sessantottesco e pre-New age.

La talpa e la luce

Seguirono sequestro e accuse di vilipendio alla religione per le forti (per i tempi) scene satiriche e di nudo. Un film epico e sarcastico, pura estasi, puro gioco di un affabulatore che non prende troppo sul serio neppure l'esoterismo, lo maneggia come mezzo estetico. L'alchimista del film in realtà è un disinvolto avventuriero futurista e spregiudicato, usa la tradizione ma salta a piè pari le precauzioni. Dice agli iniziandi: "Le tecniche per trovare la luce sono molte, ma finite. Per raggiungerla più rapidamente, combineremo la tecniche". Con sberleffo finale: la luce non c'è. Ma che importa? Un film da rivedere perché ci si trovano tutti, ma proprio tutti i simboli delle moderne credenze pret-a-porter sincretiche di massa. Simboli moderni che il medium Jodorowsky ha emesso in trance caoticamente come ectoplasmi, che nel farsi del film si sono sistemati da soli in un puzzle di  sequenze memorabili.

Dopo questa epifania globale l'alchimista-regista-scrittore-pittore surrealista-mistico-mago fa altri film di minore impatto, prova ma non riesce a trasporre in cinema la saga fantascientifica di Dune, esplora il mondo magico del Messico e quello artistico del surrealismo.

I film: fenomenologia dell'eccesso

Ma il nostro è noto soprattutto come regista cinematografico. I suoi film sono concentrati esplosivi di visionarietà spietata e seducente. Il primo è Il paese incantato, 1967, dall'omonima opera teatrale di Arrabal. È il viaggio di una paralitica e del suo innamorato, Fando e Lys, verso il paese di Tar, dove l'infelicità non esiste, fra fantasmi e prove. Finisce in tragedia.

Segue El topo, nel 1971: il pistolero El Topo (‘la talpa’), interpretato dallo stesso Jodorowsky si batte contro quattro banditi assassini e li sconfigge, poi cerca di far fuggire da una caverna dei reclusi attraverso un tunnel. Ancora un viaggio iniziatico: la talpa, alla fine, diventa bonzo e si dà fuoco.

La montagna sacra, del 1973, lo vede recitare la parte di un alchimista che guida una banda di potenti alla conquista della montagna sacra, alla ricerca dell'immortalità. Subida al Monte Carmelo, nella versione spagnola, The Holy Mountain in quella americana, La Montagna Sacra in quella italiana: una trama lussureggiante e ricca di personaggi come una foresta tropicale, da horror vacui, mozzafiato.

Poi due fallimenti artistici: la versione cinematografica di Dune, il romanzo di fantascienza di Frank Herbert, resta un grandioso progetto (avrebbero collaborato il disegnatore maledetto Giger, creatore del mostro di Alien, e Moebius); il film Tusk, girato in India, non lascia tracce.

Santa sangre (‘Sangue santo’), del 1980, è pervaso appunto dal sangue, in un miscuglio di sacro e profano: memorabili alcuni spunti (il lago di sangue su cui sorge la chiesa maledetta; il figlio che fa da braccia e mani alla madre ‘santa’, in un gioco edipico forsennato; i simboli animali che ricompaiono - l'elefante, l'aquila, il cigno), intriganti alcune scene; ma ciò che era visione e lucidità profetica nella Montagna sacra, qui è pura allucinazione (alla domanda “cos'è stato” il protagonista risponde due volte: "niente, solo la mia immaginazione");  il sublime che riscattava la violenza qui non c'è più, ci sono solo gli incubi, il delirio senza il volo cosciente dello sciamano.

L'ultimo film, Il ladro dell'arcobaleno, è triste, senza vie d'uscita, ossessivo, tutto perso in una fogna abitata da barboni interpretati da due vecchi mostri sacri come Omar Sharif e Peter O'Toole. La parabola -in tutti i sensi - è conclusa? Forse è solo scappata altrove. E ricomparsa nei libri e nei seminari che ora il mito propone. Ma chissà che cosa sta preparandoci.

I libri

I libri di Jodorowsky pubblicati in Italia sono finora cinque: nel 1996 esce Quando Teresa si arrabbiò con Dio, Feltrinelli, racconto mistico-visionario, e nel 1997 Psicomagia. Una terapia panica, Feltrinelli, sorta di manuale dell'azione magica, prezioso e godibile (sono conversazioni con l’amico Gilles Farcet). A chi cerca soluzioni per i propri malesseri, lo psicomago somministra, invece di pillole o terapie specifiche, degli atti magici paradossali. Lo psicomago ‘legge’ il momento della persona e, come un oracolo sincronico, ordina di fare cose come regalare dodici arance a dodici persone diverse per risolvere il problema del fallito rapporto con un genitore, seminare piantine di grano in un vaso a forma di doppio quadrato per risolvere il problema della disoccupazione, andare in Sudamerica a ritrovare la madre e schiaffeggiarla... Coraggio, dice Jodorowsky, fate davvero i pazzi, fatelo a ragion veduta: funziona; così sciogliete i nodi, magari strappandoli; è la vostra rivoluzione personale, immediata e risolutiva. Sorta di sogni lucidi o viaggi sciamanici nella realtà quotidiana, le ‘psicomagie’ faranno certo orrore agli psicoterapeuti professionisti: a sentire Jodorowsky risolvono istantaneamente problemi annosi e pesantissimi. Gratuitamente, per di più, col solo impegno di fare per iscritto una dettagliata descrizione-racconto dell’atto e dei risultati allo stesso Jodorowsky . Chicca del libro: l'esilarante, esagerato, rivelatore incontro fra Jodorowsky e Castaneda. Un istruttivo e delirante aneddoto ‘dietro le quinte’ su due dei maggiori protagonisti dell'inconscio collettivo ‘alternativo’ della fine secolo. Due stregoni ridanciani e dunque serissimi, sospesi fra realtà e leggenda, che hanno aperto con schianto e clamore d'effetti speciali le porte della percezione di alcune generazioni di ricercatori spirituali.

Nel 1999 esce l’altro romanzo Le ansie carnivore de lniente, ed. City Lights.

Infine, fra il 2003 e il 2004, due opere entusiasmanti. I Vangeli per guarire. Una nuova luce sul mito fondatore, ed. Mondadori, è la lettura in chiave simbolica dei Vangeli, visti come ‘mito fondatore’ della nostra cultura, che Jodorowsky interpreta nella chiave dei Tarocchi. Ne dice lui stesso:"Viviamo in un mondo materialista, dove la morale è davvero la grande assente: ecco un'altra delle ragioni che mi hanno spinto a esplorare il Vangelo. Le leggi che ci reggono non sono 'morali'; la bontà non compare nelle loro coordinate e del resto sono promulgate per proteggere il più forte..." Jodorowsky propone una sua lettura dei Vangeli, destinata non solo ai credenti, ma anche "a coloro che non lo sono, a condizione che lo considerino un 'bel mito'". Un patrimonio di tutta l'umanità, che può ‘usarli’ per preparare l’avvento di un Cristo collettivo.

La danza della realtà ed.Feltrinelli, è la sua autobiografia poetica. Un’incredibile florilegio di eventi: si racconta dell’avventurosa vita e delle esperienze del più noto e affascinante sciamano occidentale. Dal drammatico rapporto coi genitori alle esperienze psichedeliche e di sogno lucido, dalla meditazione Zen al teatro, dal distacco dalla vita giovanile (andò a Parigi senza soldi, buttando l’agenda telefonica) alle esperienze con gli sciamani mapuche del Cile e i guaritori messicani (diventa apprendista della brujia Pachita): chi ha amato La montagna sacra trova in questo libro molte chiavi di lettura.

Jodorowsky è anche sceneggiatore di libri di fumetti; fra gli altri, la saga dell'Incal, pubblicata da Editori del Grifo in Italia, realizzata col disegnatore Moebius, il più importante disegnatore di fantascienza: una fantasmagorica ma fallimentare ricerca dell'illuminazione promessa dal magico Incal, sorta di inafferrabile pietra filosofale.

VITA E OPERE DI UN SUBLIME BUFFONE SACRO

Come tutta la sua vita, le sue origini sono un simpatico pasticcio, un groviglio creativo: figlio di immigrati ebreo-ucraini, Alejandro Jodorowsky nasce in Cile nel 1929. Dal 1953 è a Parigi, dove fonda con l'autore di teatro Fernando Arrabal e Roland Topor (grande disegnatore dalle feroci intuizioni) il movimento di teatro ‘Panico’: dal nome di Pan, il Dio greco del Tutto naturale A Parigi lavora con Marcel Marceau e Maurice Chevalier, ha rapporti con il fondatore del surrealismo Breton. Vive anche in Messico, dove si dà soprattutto al teatro e realizza il primi film. Attualmente vive ancora a Parigi e a tratti viene in Italia per tenere mostre, happening e seminari di tarocchi e psicomagia.

DIZIONARIO JODOROWSKYANO

Psicomagia e psicosciamanesimo

L’operatività magica e sciamanica ‘lucida’, scevra da superstizione (secondo J., è inutile che noi moderni e razionali pensiamo di poter credere a ciò in cui credono e che praticano i  popoli semplici e i ‘guaritori di campagna’: sempre ‘effetto placebo’ è ciò che funziona per trasformarci e guarirci, ma noi che siamo divisi fra ragione e sentimento dobbiamo usare atti paradossali per bloccare la razionalità). La psicomagia si ispira sì alle molte esperienze di J. con i guaritori, ma riprende altrettanto dagli ‘atti’ apparentemente assurdi e provocatori dell’arte surrealista e dadaista. Lo stesso J., come  racconta nel suo libro autobiografico, compì innumerevoli di questi ‘atti poetici’ in  gioventù, in Cile: per esempio attraversare la città in linea retta, passando fra appartamenti e binari…

Cabaret mystique

Gli happening-conferenze mistici che J. tiene ogni settimana a Parigi: lettura intuitiva dei Tarocchi(solo per scopi psicologici e non divinatori), prescrizioni psicomagiche e pscicosciamaniche, atti poetici e molto altro… tutti i mercoledì, a ingresso gratuito, assistono cinquecento spettatori per volta. Come pagamento per i tarocchi si deve tracciare con l'indice la parola 'grazie' sul palmo della sua mano.

Effimeri panici

Sorta di happening-celebrazioni che J. anima in Cile e Messico, che prendono le mosse dalle sue esperienze di marionettista, mimo e attore. Panico da Pan, dio dell’ebbrezza e della furia creatrice, che instilla coraggio ai guerrieri e paura ai nemici urlando prima della battaglia..

Teatro panico

Teatro ispirato agli stessi principi degli effimeri panici. J. lo creò insieme al drammaturgo Arrabal.

Danza della realtà

L’incantato e magico concatenarsi degli avvenimenti, guidati da sincronicità, destino, ‘karma’ genealogico.

Psicogenealogia

Lo studio e la terapia dei retaggi familiari che condizionano la nostra vita, portandoci a rivivere e ripetere inconsciamente i ruoli e i drammi degli antenati e dei famigliari, obbligati a risolvere loro problemi lasciati in sospeso o realizzare loro aspirazioni. Un passato che estenderebbe i suoi tentacoli impedendoci di vivere il presente e il futuro e di diventare noi stessi, se non lo ‘rompessimo’ con atti psicomagici.

COSÌ PARLÒ JODOROWSKY       

Naturalmente bisogna ricordarsi che il nostro è maestro dell’inganno sacro, ovvero crede utile raccontare bugie per creare effetti magici, come fa lo sciamano. Tuttavia abbiamo registrato,oltre a succosissime e divertenti storie, alcune frasi-perle, alla presentazione della sua autobiografia a Milano, lo scorso marzo. Sono belle, anche se con lui si può sempre dubitare che siano “vere” nel senso che comunemente attribuiamo a questo termine.

Qualsiasi terapia è solo parziale… esiste solo una cura globale: incontrare Dio

Siamo meravigliose energie divine

L’Alchimia è spiritualizzare la materia e viceversa

In linea di principio, non credo all'esoterismo, ma l'utilizzo perché lo ritengo estremamente bello

Nella magia, il mondo è come lo vediamo- soggettivo

Distruggere l’ego, come dicono i guru? No! Serve, teniamolo a bada!

L’artista infantile crea, l’artista sacro riceve per comunicare

Piccoli atti magici cambiano la vita – un millimetro, poi le strade divergono, le cose cambiano enormemente

Mentre curi gli altri, curi te stesso