Alberi sacri: due bellissimi libri
Alberi sacri: due bellissimi libri
In questa estate nella quale gli alberi milanesi rischiano di soccombere sotto i colpi degli amanti dell’alta velocità e delle grandi opere, ricordiamoci di che cosa sono per la nostra vita queste creature divine che uniscono cielo e terra.
Voglio condividere due bellissimi libri che ho letto di recente, che hanno in comune la capacità di deliziarci con una visione spirituale del mondo vegetale, cui dobbiamo la vita.
Uno è “Alberi e miti – alla scoperta delle piante sacre” di Gabriele Burrini (Edilibri, Milano, 2013). Gabriele Burrini è un sopraffino ricercatore delle dimensioni spirituali, giornalista e scrittore di rango. La grande-piccola casa editrice Edilibri gli ha voluto pubblicare alcuni suoi testi inediti sul magico mondo delle piante. Qui troviamo delicate e squisite rielaborazioni dei racconti ancestrali sugli alberi: dall’erica di Iside al cipresso di Zarathustra, dall’ulivo di Athena alla quercia di Zeus, dal vischio dei Druidi alla betulla dello sciamano fino all’albero del Paradiso. Nella prefazione Burrini spiega il filo conduttore del libro: “I vegetali – com’è ben noto – per poter crescere si alimentano delle forze nutritive che assorbono dal suolo attraverso le loro radici e delle forze vitali dei raggi solari, insomma della luce, assorbita tramite l’apparato fogliare. Ogni pianta cresce dunque come fosse cittadina di due mondi: da un lato è figlia della Terra, dall’altro è figlia del Cielo, o meglio ancora del Sole. La fantasia degli antichi si dimostrò pertanto tutt’altro che ingannevole e credulona quando personificò queste energie terrestri e solari in figure divine o semidivine”. Gli alberi, come dice Burrini, sono ancora oggi “dotati di favella” e depositari di saggezza, se solo impariamo ad ascoltarli. Aggiungerei che noi stessi siamo parti di Terra e Cielo, e ponte fra i due, grazie alle piante. L’ecologia profonda riconosce l’importanza di un’immedesimazione nella natura, che si può raggiungere ricordando quello che siamo: parti di un meraviglioso connubio, di una danza che ci unisce a tutto ciò che esiste. Su questa Terra, nostri antenati, fratelli e compagni di vita sono anche gli esseri sacri che ci donano aria, salute, comprensione.
L’altro incantevole libro è “La memoria degli alberi” di Bernardo Notargiacomo (Piemme, Milano, 2013). È un racconto fantastico: Joan è un ragazzo che fin da piccolo scopre di comprendere il linguaggio segreto delle piante e crescendo impara a parlare loro. Piano piano entra a far parte del loro mondo: è un mondo parallelo al nostro, più vicino del nostro a una dimensione totale, cosmica, nel quale le piante hanno un’identità e nome individuali ma allo stesso tempo ciascuna di esse è perfettamente fusa con la collettività della vita vegetale. Godibile e affascinante, questo libro espone in forma poetica le stesse conclusioni cui stanno arrivando oggi alcuni ricercatori scientifici che studiano “l’intelligenza delle piante”: le piante hanno una forma di coscienza diversa dalla nostra ma per certi versi altrettanto se non più vasta della nostra umana; comunicano fra loro e con noi; provano sensazioni e perfino emozioni; elaborano sofisticate strategie di sopravvivenza. Nel racconto, un grande albero racconta al protagonista Jonas come le tribù degli alberi viaggino alla ricerca di nuove terre, di come parlino fra loro e siano solidali, di come sappiano di avere il compito di “pulire il cielo”. Chiamano gli umani con epiteti quali “scortecciati”, “senzaradici”, “semoventi”, “cortecce rosa”, “senza foglie”; ed ecco alcuni dei nomi degli alberi e delle piante: “Spaccanuvole”, “Pungimonte”, “Respiro Sospeso”, “Mezzagiungla”, “Dimuschiovestita”, “Salvezza”, “Sogno Infinito”. Il “Popolo del vento” è quello dei semi che si diffondono a cercare di far germogliare nuova vita. Joan affronta avventure, attraversa l’oceano e infine arriva alla grande foresta, dove scopre il perché del dono che ha ricevuto e la sua missione.