Asterix in Padania
ASTERIX IN PADANIA: GLI ULTIMI BOSCHI A OVEST DELLA METROPOLI, FINO A QUANDO?
I tossicodipendenti da cemento, asfalto, merci, finanza e “sviluppo” non ce la fanno più. Assuefatti, hanno bisogno di dosi sempre maggiori. Persi nelle loro allucinazioni, credono davvero che sia possibile trovare sempre più piacere nel far soldi distruggendo tutto quello che non è tale.
Devono cementificare sempre di più, ovunque, a ogni costo, riciclare soldi sporchi, investire, costruire. Per andare più veloci, far crescere l’economia (la loro), soddisfare i loro appetiti, espandere l’impero delle merci. Un acefalo mostro stile fantascienza, ormai, questa mega macchina che procede senza senso.
Allora ci vogliono strade, strade, camion, centri logistici giganti e al diavolo la campagna, i navigli costruiti ai tempi di Leonardo con una certa sapienza, al diavolo e le bellissime campagne che ci rendono ricchi, basta con l’aria che respiriamo e i cibi sani che potremmo avere senza quei veleni sparsi ovunque. Ci si sente sempre sotto assedio, in questa pianura lombarda, in questa metropoli fra le più inquinate del mondo. Ci si sente come in un fumetto, proprio quello di Asterix: un villaggetto circondato interamente dagli imperialisti Romani che si intestardiscono a sconfiggere gli ultimi Galli liberi. Ci serve una pozione magica per mantenere la forza di contrapporsi a questo coacervo di inquinamento e rumori?
Un villaggetto stile Asterix del genere esiste davvero, verso Abbiategrasso: è Cassinetta di Lugagnano, primo e finora unico paese in Italia ad aver deciso di non costruire più nulla, per vivere nel verde, dal 2007. Un gioiellino sul naviglio, meta di buongustai e di amanti del verde e della tranquillità, con la magnifica Villa Visconti utilizzata per matrimoni da favola e ora anche per matrimoni "per la Terra". Proprio qui fu fondato il movimento "Stop consumo di suolo" e oltre a essere uno dei borghi più belli d'Italia Cassinetta fu uno dei primi "Comuni virtuosi", che si distinguono per le politiche ambientali e sociali rispettose e lungimiranti (https://comunivirtuosi.org/).
Ma si può lasciare in pace un posto del genere, dove i cittadini, che sfrontati, hanno scelto così? No certo. Proprio da quelle parti è in progetto l’ennesima superstrada-tangenziale-obbrobrio che devasterebbe una delle campagne più belle a due passi da Milano. Da Ozzero-Abbiategrasso a Malpensa, solito progetto folle e criminale. Oltre a Cassinetta, altri comuni della zona sono contrari, sono contrari il Parco Sud, la Città metropolitana e quant’altro possibile: ma l’Opera s’ha da fare. La Grande Opera, sinonimo di Grande devastazione. Spacciata per l’unica realtà possibile, l’unico modello di sviluppo esistente. Purtroppo gli imperialisti delle merci ora stanno mettendo sul piatto molti soldi e, salvo l'improbabile successi dei ricorsi contrari, la superstrada pare sul punto di iniziare. Qui il link a un recente articolo dell’Informatore Vigevanese che descrive la situazione>>.
Eppure la zona meriterebbe ben altro che di scomparire per mano della dittature dell’asfalto. A due passi dal villaggetto infatti, oltre a un’agricoltura florida, ai navigli e a monumenti storici, restano gli ultimi lembi dei boschi di pianura lombardi.
I boschi dell’Ovest milanese
Poco più a Nord ci sono i boschi di Vanzago (ne parlo qui>>) e del Parco del Roccolo (qui>>). Il primo protetto in quanto ex riserva di caccia e oggi oasi WWF. Il secondo parco agricolo ma con alcuni lembi di bosco fra cui querce centenarie.
Ma anche in questa zona leggermente più a sud, lungo la direttrice Baggio-Abbiategrasso, resistono alcuni boschetti a testimoniare l’originario querco-carpineto, la tipica formazione boschiva planiziale (ovvero di pianura) lombarda di una volta. Ovvero quel bosco basato sulle querce e sul carpino, alberello associato alla maestosa quercia.
Il maggiore dei boschi locali è quello di Riazzolo, nei comuni di Albairate, Cisliano e Corbetta. Sono 65 ettari, in maggior parte cintati nei pressi di due cascine che sono anche agriturismi, la Forestina e la Riazzolo, lungo la strada che porta da Cusago a Gaggiano ed Albairate e poi fino ad Abbiategrasso. Come il bosco di Vanzago, il Riazzolo si salvò perché era una riserva di caccia: era nientemeno che degli Sforza, che fecero istoriare anche il castello di Milano con scene delle loro imprese venatorie. Il termine stesso Riazzolo deriva dal milanese antico “riazzoeu” , ovvero una reticella da caccia per catturare quaglie e altri uccelli. Il bosco a metà dell’Ottocento divenne proprietà di uno scrittore e diplomatico, Alberto Carlo Pisani Dossi. I suoi eredi ne continuarono l’opera di tutela; e negli ultimi decenni intervennero anche l’Unione Europea e il Parco Sud Milano per salvarlo.
Il bosco è diviso in due dal canale scolmatore dell'Olona: a nord c'è la porzione meno grande, che non è recintata ed è attorniata da campi, in direzione di Corbetta. Nella parte cintata, più grande, del bosco si entra invece dalla cascina Forestina in comune di Cisliano, che lo custodisce e vi svolge esperienze di educazione ambientale. Ci si aggira fra querce e altri alberi che appaiono molto antichi e se ci si lascia andare all’ascolto e alla meditazione sembra di risalite a tempi preromani. Gli antichi tronchi muschiosi evocano gli spiriti silvestri che dovettero abbondare in zona prima dell’invasione umana. Fu infatti dall’arrivo dei Romani che l’agricoltura si espanse a discapito del bosco; ma qui miracolosamente ci sono ancora tronchi alti, c’è ancora acqua, ci sono fontanili e risorgive (fra parentesi, uno dei simpatici fontanili si chiama Risotto: nei dintorni ci sono risaie, propaggine dell’area risicola che dalla campagna pavese arriva al novarese e al vercellese).
Resta insomma un luogo ricco di acqua e ombroso, al punto che qui si tenta di ripopolare uno degli abitanti meno noti del bosco umido, il raro rospo Pelobate Fosco, uno degli anfibi più minacciati d'Italia. Un personaggio chiamato anche "rospo della vanga" perché scava e sta nascosto sotto terra, per difendersi dai predatori. Ma ci sono molti uccelli fra i rami e altri animali a vivere nel bosco.
Altre informazioni compresa una storia estesa del bosco e informazioni sulle visite qui>>:
Pelobate Fosco, il rospo "della vanga"
Fontanile nel bosco di Riazzolo
Il Bosco di Cusago
A due passi da Cisliano in direzione di Milano, Cusago è noto per il castello sforzesco, replica in miniatura del castello milanese. Purtroppo è un monumento lasciato in semiabbandono. I dintorni, prima dell’alluvione berlusconica locale, erano “tutta campagna”, come si suol dire. Ci si andava da ragazzini in bici partendo dai dintorni dello stadio di San Siro per gitarelle che si concludevano a dissetarsi a una fontana storica di Cusago, in piazza (ma chissà se c’è ancora). Oggi restano pochi campi ma anche una piccola area naturalistica, 9000 metri quadri di proprietà del Comune di Cusago. La “Cavetta” è per metà boschetto e per metà fatta di due laghetti di cava, e vi si svolgono attività ricreative e di educazione ambientale; pare resti traccia qui di un naviglietto con cui gli Sforza irrigavano le loro tenute.
A Cusago poi c’è un boschetto di 13 ettari, privato e difficilmente visitabile, in direzione di Cisliano. Chi l’ha visitato “di straforo” o per rilevamenti scientifici racconta di un piccolo angolo ricco di vegetazione, simile in tutto al vicino bosco di Riazzolo. Vi si tagliavano alberi, poi dal dopoguerra è stato lasciato a sé e ci sono alberi caduti, fiori e poche radure. È delimitato da fontanili.
Il Bosco dei Cento Passi
Un altro piccolo boschetto della zona ha una storia completamente diversa: è il Bosco dei Cento Passi di San Vito (Gaggiano). Pur essendo parte del Parco Agricolo Sud Milano, venne acquistato da un capomafia. Ma nel 2005 è stato preso dal Comune come patrimonio confiscato alla mafia (si chiama così in omaggio a Peppino Impastato) e vi furono piantati alberi (alcuni dedicati a vittime della mafia) per restaurare il suo valore naturalistico, rendendolo visitabile a tutti. Oggi è affidato a un pool di operatori fra cui la Cascina Contina di Rosate, storico centro di iniziative sociali e di inclusione. Sono circa 16 ettari: piccolo ma importante, degno di una visita proprio oggi in in tempi nei quali la memoria di Peppino Impastato è stata definita “divisiva”.
Ecco come si racconta da sé il bosco (dal sito dedicato all’iniziativa: www.progetto100passi.it/bosco-dei-100-passi/: anche l'immagine seguente è tratta dal sito).
"Io sono il Bosco dei 100 passi e il mio nome viene da Peppino Impastato che credeva nella bellezza e nella giustizia sociale ma abitava a 100 passi dalla casa di un importante boss mafioso, Tano Badalamenti, che ne ha ordinato l’omicidio. Io e lui abbiamo una storia simile ma io ho avuto un destino migliore…
Ero parte del Parco agricolo sud Milano. Poi mi è successa una cosa terribile: sono stato acquistato da Salvatore Di Marco, un narcotrafficante di Cosa Nostra, che aveva un progetto ben preciso su di me: costruire appartamenti ed uffici.
Di Marco era a capo di un grosso giro di spaccio di sostanze stupefacenti che acquistava in Colombia e vendeva nel nord Italia. Grazie a delle lunghe e complicate indagini le sue attività illegali furono scoperte, Di Marco fu arrestato e, fra i beni che gli furono confiscati nel 2002, c’ero anch’io.
Libero dal rischio di diventare cemento…
Nel 2005 vengo affidato al Comune di Gaggiano che ha voluto diventassi un parco aperto al pubblico, piantando assieme ad ERSAF più di 1.500 tra alberi ed arbusti, creando una marcita, un laghetto per birdwatching e tre piccoli stagni.
Nel 2016 il Comune di Gaggiano firma una convenzione per la mia gestione con la Cooperativa Sociale Contina di Rosate, con Libera – associazione nomi e numeri contro le mafie e con il DESR – Distretto di Economia Solidale Rurale del Parco Agricolo Sud.
Se vogliamo essere precisi, quello che fanno questi amici con me è una: gestione di utilità sociale e di interesse pubblico.
Ed eccomi qui.
Esempio vivo di riutilizzo di un bene confiscato, così come voluto dalla Legge Rognoni – La Torre 646/1982 e previsto dalla Legge 109/1996.
Sono cresciuto negli anni e mi sono mantenuto in forma grazie al lavoro di molti volontari e di Associazioni che hanno capito che posso continuare a vivere solo se vengo protetto.
Nel prato della memoria.
Su alcuni dei miei alberi puoi trovare i nomi di vittime innocenti di mafia.
Passeggiando puoi scoprire il frutteto inusuale, che produce more ed altri frutti ed ha la forma di una foglia di quercia farnia; poco distante c’è anche una meridiana a mosaico.
Insomma sono ricco di sorprese che spero apprezzerai.
Ti prego di rispettarmi e trattarmi con cura soprattutto in nome di tutte quelle vittime innocenti di mafia che onoro.
Ti chiedo di diventare -tu stesso- responsabile
E protagonista di quello che accadrà tra le mie foglie e sui miei prati.