Le farfalle all'Idroscalo, e oltre! Il verde nell'Est Milano
Le farfalle all’Idroscalo e oltre
Nell’area a Est di Milano il verde è poco e separato dall’abitato da tangenziali, ferrovia e Lambro. Ci sono iniziative per collegare la città ai parchi esterni, Forlanini e Idroscalo. Ma restano tanti problemi e aumentano le minacce per la salute.
Sullo stradun per portava all’Idroscalo… cantava Jannacci. Il poveraccio coi scarp de tennis per arrivare all’Idroscalo doveva chiedere un passaggio su una macchina, dove non era mai salito. “Bella questa macchina, non sono mai stato su una macchina”. Erano gli anni Sessanta, di quattroruote ne circolavano ancora poche. Di macchine invece ne sono arrivate poi a dismisura, da quelle parti. Non fanno più notizia, come ovunque. E di TIR, SUV e quant’altro. La tangenziale Est di Milano, leviatano del traffico, troneggia su tutta la Zona dell’Ingorgo Permanente, a ridosso dell’abitato, e oggi ha figliato la tangenziale esterna. A Ovest almeno la Sacra Carreggiata sta un po’ più in là, anche se come sempre attrae a espandere la crosta cementizia e capannonistica incrostando l’Hinterland Infinito.
Mentre gli abitanti di Milano Sud, insomma, possono sgranchirsi un poco le gambe nei parchi agricoli, quelli dell’Ovest escono di casa e fanno ormai chilometri a piedi nel verde e quelli a Nord hanno il grande Parco Nord per spaziare, i periferici dell’Est in genere finora hanno dovuto prendere auto o mezzi pubblici per andare nel verde. Io stesso, da neoabitante del Sud Est, fino a poco fa per trovare un po’ di verde andavo all’Idroscalo o al Forlanini… ma dovevo andarci in auto, contribuendo così nel mio piccolo al Grande Ingorgo. In bicicletta rischiavo l’arrotamento ogni volta, ci rinunciai. Il paradosso milanese al cubo: per trovare un po’ di natura, il mutante abitante della metropoli già oppresso da nebbie cariche di particolati fa del suo per distruggerla, volendo o non volendo.
L’Ingorgo Permanente
Perché qui a Est è particolarmente pesante la situazione? Perché c’è qualcosa in più rispetto all’Ovest: c’è il più vasto concentrato di trasporti, il Grande Nodo Viario, logistico e onnicomprensivo del milanese. Terra, aria e sottoterra, tutti occupati dai mezzi e dagli strumenti che servono al Movimento Perenne Forzato Universale di cose e persone. Tutti ridotti a merci e in quanto tali rimovibili e spostabili ovunque. C’è l’aeroporto di Linate, c’è la metropolitana, ci sono infiniti poli logistici, c’è Segrate con Milano 2, il San Raffaele con la sua metropolitanina privata, il polo ferroviario e commerciale dell’ex Dogana dov’erano i campi, c’è Cologno Monzese con la torre catodica che attrae a sua volta traffico per diffondere le sue onde televisive, incastonata fra ben due bretelle tangenzialiche, c’è il tratto ferroviario principale di Milano che va da Rogoredo a Lambrate alla Centrale. Tutto ciò separa la città-città dall’Hinterland in modo molto più netto che a Sud e Ovest, dove resta qualche squarcio verde e perfino i caprioli e le volpi chissà come riescono passare oltre la tangenziale verso il ventre della metropoli.
A far da barriera qui c’è perfino un fiume, l’unico rimasto allo scoperto della città, il Lambro, che serpeggia fra quartieri e campi residui. E da qualche anno s’è aggiunta la neoautostrada surreale BreBeMi, sempre vuota perché costa il doppio di quelle normali (e che ha trasformato una stradella che andava verso Vignate e l’Adda, che percorrevo in vespa, in un velodromo). Qui ha tranciato a metà la megatenuta Trenzanesio della Villa Invernizzi, una delle poche macchie verdi, dove i ragazzi di campagna della zona entravano di straforo per fare bisboccia notturna e dove forse ancora vivono ungulati cari ai ricchi proprietari. Vicino alla tenuta c’è anche uno dei pochi fontanili rimasti, quello di Castelletto nel comune di Pioltello.
Insomma, un groviglio omerico nel quale il verde stenta ed è difficilmente raggiungibile dalle case della gente comune. Anche le cascine che qui resistono sono fisicamente separate dal resto della città da barriere stradali, ferroviari e fluviali: la meritoria cascina Biblioteca fra il Parco Lambro e Segrate, sede di iniziative sociali e di inclusione con una angoletto di natura attorno (c’è anche un “asilo nel bosco”, ci sono le api e un negozio di prodotti biologici), la cascina di Monluè, ora divenuta impresa sociale, con il parchetto attiguo oltre il polo logistico CAMM (fra il quartiere Forlanini e l’aeroporto) e a due passi dal fiume che costeggia l’aeroporto. Più oltre ci sono l’ansa del Lambro e l’Oasi Levadina di San Donato, di cui ho parlato altrove.
L’Est Milano, rivolto verso Bergamo-Brescia e il mitico NordEst italiano tutto traffici e capannoni, insomma, è decisamente più intasato dell’Ovest, dove un sistema di verde c’è (Baggio-Cave, Boscoincittà-Montestella-Parco di Trenno nonché l’ancora possibile Piazza d’Armi). A sud della metropoli l’istituzione Parco Sud finora ha salvato a stento qualche zona agricola (Risaie, Ticinello, Vaiano Valle-Vettabbia-Porto di mare; ma anche qui incombe l’ansia predatoria regionale e il futuro del parco Sud è tutt’altro che scontato). A Nord ci sono il grande Parco Nord e altri scampoli (Parco Ex-Paolo Pini con il vicino Parco della Balossa a Novate).
A est della metropoli c’è solo qualche zona verde addomesticata: i parchi Lambro, Forlanini e dell’Idroscalo. Soprattutto quest’ultimo è perfino bello ed è prezioso per la gente.
Ma questi parchi sono poco wild, stretti fra le suddette megastrutture per il movimento meccanico.
Un altro piccolo parco semiboschivo a Pioltello è quello della Besozza, 37 ettari dietro a Milano San Felice e sopra due laghetti di cava. Qui c’è un’area piantumata con percorso naturalistico, c’è una bella cascina storica – la Cascina Camposiglio), ma l’effetto natura è schiacciato dalla sempre affollata area grigliate.
Come ho già raccontato in altri articoli, ci sono oasi di verde nell’Est milanese ma lontane dalla città: l’oasi del Carengione di Peschiera Borromeo, le Sorgenti della Muzzetta a Rodano – Settala, l’oasi Levadina a sud dell’aeroporto di Linate e l’ancora più lontana Oasi della Martesana, fra Melzo e Pozzuolo Martesana.
Vicino a Milano, dunque, a Est ci sono solo lembi di verde: oltre all’ansa del fiume a Ponte Lambro e più giù la piccola forestazione a San Giuliano Milanese, di cui parlo altrove, l’unico angoletto similselvatico qui nell’est milanese è il Laghetto delle vergini dell’Idroscalo, due ettari e mezzo, un tempo gestito dalla Provincia, ora non si sa bene da chi e come. È (era?) un piccolo polo di educazione ambientale e all’aperto, protagoniste le farfalle per attirare le quali sono stati piantati arbusti che loro gradiscono per la fioritura. Fu recuperato dal degrado e dai rifiuti, storia comune ai tanti punti di scavo. Cintato, ora risulta spesso chiuso, conseguenza forse dell’inabissarsi della Provincia nelle sabbie mobili della Città metropolitana; e lo stesso Idroscalo appare minacciato da nuovi poli logistici dell’Impero delle Merci su Strada che avanza. Nei weekend estivi comunque è attrattore di traffico perenne anche per lo svago e la possibilità di fare sport e il bagno in acque pulite.
L'Idroscalo visto dalla punta Sud
Cave, scavi e movimento terra
Eppure ci sarebbero molti laghetti da ex cave da recuperare a verde: i laghetti sono un punto magico di resistenza della vita, oggi detta biodiversità. Esisterebbe anche, almeno sulla carta, un PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) detto “Parco Est delle Cave” nei comuni di Cologno Monzese, Vimodrone, Brugherio, Carugate, Cernusco sul Naviglio. Ma appunto per ora sembra un simulacro. Anzi, uno specchietto per le allodole o l’ennesimo carrozzone burocratico. Alcune di queste cave sono lasciate alle solite pesche sportive o iniziative private, altre sono in abbandono, altri laghetti come il Gabbana di Vimodrone sono riempiti pervicacemente di terra per farne non si sa che, con scorno dei residenti che fino a poco fa ne godevano la vista semiselvatica con tanto di uccelli di passo e oggi assistono al suo interramento. Alla faccia del parco delle cave. A pro di qualche ennesima impresa di movimento terra, un must dell’Hinterland infiltrato da n’dranghete varie e camarille istituzionali.
Più a Nord, da Bussero e Carugate in poi in direzione della Brianza, c’è anche il fantomatico Parco Agricolo Nord Est. Anche qui resta poco di selvatico, appunto, e tutto appare confinato alle carte, ai cassetti e ai fondi di amministrazioni che hanno tutt’altro in mente: in Regione si pensa più a tenere in vita l’agonizzante caccia e a nuovi nastri d’asfalto, che ai polmoni e ai cuori dei cittadini. Fino alla prossima emergenza.
Il Grande parco Forlanini
Tornando alle immediate vicinanze della città, c’è l’eterna idea di ingrandire il parco Forlanini allungandolo verso la città e verso l’Idroscalo, raccordandoli. Una tranche di pista ciclabile ha visto la luce dopo decenni lungo via Corelli. Dopo la storica associazione Greem-Gruppo Ecologico Est Milano, che dagli anni Ottanta ha contribuito a riqualificare il Forlanini e il suo laghetto Salesina, oggi il testimone è passato all’associazione Cascinet che gestisce la Cascina Sant’Ambrogio a ridosso dell’inizio del viale Forlanini e ai piedi di un gasometro, e ai cittadini della zona Argonne – Forlanini – Ortica che chiedono un passaggio verso il parco Forlanini con un ponte sopra la ferrovia. E spingono a creare il Parco Grande Forlanini, appunto, recuperando anche la parte agricola residua al di qua della tangenziale, dove sorge appunto la cascina Sant’Ambrogio che fa da porta d’ingresso e dove è stato aperto il nuovo canile municipale modello. Per ora questo abbozzo di parco è chiamato "Ambito Forlanini".
L'ambito Forlanini, area limitrofa alla Tangenziale Est
Certo, un parco attraversato da una tangenziale non è propriamente wild, ma sarebbe un grande passo avanti poter andare a piedi al di là della tangenziale, per chi ne subisce solo le conseguenze negative sui polmoni e le orecchie. Sempre meglio che nuove case, uffici, case vuote e uffici vuoti, capannoni e hub pieni o vuoti. Hai voglia a chiamarlo consumo di suolo, ormai bisogna definirlo “distruzione del suolo”: consumo è un termine ambiguo, dà l’idea che si possa usarne altrimenti che lasciandolo com’è.
Limiti dell’iniziativa? La solita partecipazione del Politecnico di Milano, della Fondazione Cariplo e della comunale Milano Green Week. Tutti sponsor della sostenibilità, che ormai è una parolaccia. Questo sistema dei bandi e delle prebende da tempo ormai ingabbia tutto il volontariato milanese spingendolo verso attività più di facciata che di sostanza. Passato il superbonus per le facciate, insomma, che cosa resterà? In parole povere e senza fare nomi: il Politecnico, che si affanna per disboscare la foresta spontanea della Goccia per ampliare le proprie costruzioni, e che spalleggia l’ENI che fa del greenwashing la propria stella polare, che cosa può garantire di buono in questo senso altrove? Speriamo vivamente di essere smentiti dai fatti.
Il parco della Lambretta: inalazioni tossiche e decibel
A tale proposito, un esempio concreto seppure surreale: un parco sotto la tangenziale esiste davvero, è il Parco dell’Acqua (oggi Parco della Lambretta, conosciuto anche come parco Maserati) realizzato da poco vicino a Via Rubattino e via Pitteri, dove c’era la fabbrica automobilistica dell’Innocenti. Dismesse le attività industriali nel 1993, si cominciò a pensare cosa fare dell’area. Un tantino inquietante, con i TIR che sfrecciano sopra le teste dei bambini, con il Lambro che lo attraversa olezzante anzichenò, con i rumori tonitruanti dei millanta autoveicoli che sfrecciano o vanno a passo d’uomo e piovono dall’alto (si spera solo irumori, intendo) sulle orecchie dei frequentatori del parchetto. Un poco insultante nei confronti del buon senso. Del resto, han costruito nuove case di fianco alla tangenziale e la gente ci è anche andata a vivere. Vuoi fargli o no il parchetto canonico per i vecchi, i bambini e i cani? Per non parlare dell'asilo e della scuola... Tutti lì a respirare biossido d'azoto a volontà! Non si rimpiange il passato industriale e di abbandono della zona, sempre meglio che l’abbandono al degrado, ma viene un poco da piangere (e da ridere) a immaginare che queste aiuolette sotto ai piloni con tanto di graffiti murali e panchine per inalazioni da scarichi automobilistici soprastanti passino come contributo alla salute dei cittadini e magari siano conteggiate nelle statistiche sul verde urbano. Più che di greenwashing qui si tratta, mi pare, di greenkilling.
Il Parco Lambretta, sotto la Tangenziale
Informazioni
Informazioni storiche sul Forlanini e l’Idroscalo: Greem – Gruppo Ecologico Est Milano https://win.greem.it/
Cascinet – Cascina Sant’Ambrogio e https://cascinet.it/
Cascina Biblioteca https://cascinabiblioteca.it/
Cascina Monluè https://www.cascinamonlue.it/
I PLIS - Parchi Locali di Interesse Sovracomunale della Città Metropolitana di Milano - https://www.cittametropolitana.mi.it/Parchi/aree_protette/plis/index.html